Nullità delibera condominiale valutabile dal giudice in sede di opposizione a decreto ingiuntivo?
I casi di nullità e di annullabilità della delibera condominiale. Se siano valutabili dal giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo per riscossione oneri condominiali. Cassazione SS.UU. civili Sentenza n. 9839/2021

Il fatto.
Un condominio chiedeva ed otteneva decreto ingiuntivo per il pagamento di oneri condominiali relativi a spese di manutenzione del solaio, adottando un certo criterio di suddivisione della spesa.
Seguiva l’opposizione al decreto ingiuntivo da parte di un condomino, il quale sollevava questioni circa la modalità di suddivisione della spesa e di nullità della delibera dell’assembla del condominio che aveva deliberato la spesa.
La questione salendo nei vari gradi del giudizio, veniva posta all’attenzione della Corte di Cassazione. La sezione remittente riteneva che dall'esame di alcuni motivi del ricorso emergessero delle questioni di massima di particolare importanza che nel tempo erano state decise in modo difforme dalle Sezioni semplici. Ne seguiva l’esame da parte delle SS.UU. le quali decidevano con Sentenza n. 9839 depositata in data 14 aprile 2021.
Rapporti fra opposizione a decreto ingiuntivo per la riscossione di oneri condominiali e impugnativa della delibera assembleare
La prima questione sollevata dalla Sezioni rimettente chiedeva di rispondere al seguente quesito: se nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione degli oneri condominiali il giudice possa sindacare la validità della deliberazione assembleare di ripartizione delle spese su cui è fondata l'ingiunzione di pagamento ovvero se tale sindacato gli sia precluso, per essere riservato ad apposito giudizio avente specificamente ad oggetto l'impugnazione in via immediata della deliberazione.
La Corte da atto della sussistenza di un doppio filone giurisprudenziale nel quale un primo e più datato filone aveva negata la possibilità al giudice dell’opposizione di poter esaminare la validità della delibera asembleare.
Questo primo filone, tuttavia è stato più di recente rivisto da un nuovo indirizzo giurisprudenziale che ha affermato che nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali, il limite alla rilevabilità d'ufficio dell'invalidità della sottostante delibera non opera allorché si tratti di vizi implicanti la sua nullità, in quanto la validità della delibera rappresenta un elemento costitutivo della domanda di pagamento.
Le Sezioni Unite appoggiano questo secondo orientamento ritenendo che, oltre che per ragioni di economia processuale, “… la validità della deliberazione posta a fondamento della ingiunzione costituisce il presupposto necessario per la conferma del decreto ingiuntivo; non può, pertanto, precludersi al giudice dell'opposizione di accertare, ove richiesto o dovuto, la sussistenza del presupposto necessario per la pronuncia di rigetto o di accoglimento della opposizione”.
Analisi del giudice dell’opposizione sulla nullità e causa di annullabilità della delibera condominiale
Se l’orientamento più recente delle sezioni semplici motivava in particolar modo sulla eventuale causa di nullità della delibera assembleare, le Sezioni Unite si spingono ad analizzare la possibilità per il giudice dell’opposizione di valutare le cause di annullabilità della delibera, concludendo con una risposta positiva: “non vi sono neppure valide ragioni per negare al giudice dell'opposizione al decreto ingiuntivo il potere di verificare l'esistenza di una causa di "annullabilità" della deliberazione posta a fondamento del decreto, ove dedotta dall'opponente nelle forme di legge, e di provvedere al suo annullamento”, e aggiungendo che “il principio generale secondo cui, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l'opponente, che assume la posizione sostanziale di convenuto ..., nel contestare il diritto azionato con il ricorso, può proporre domanda riconvenzionale, anche deducendo un titolo non strettamente dipendente da quello posto a fondamento della ingiunzione ..., e può, con la domanda riconvenzionale, esercitare l'azione di annullamento della deliberazione posta a fondamento del decreto ingiuntivo, ai sensi dell'art. 1137, secondo comma, cod. civ.”
Assegnando valore di “impugnativa” alla richiesta di annullamento della delibera dell’assemblea del condominio le Sezioni Unite stabiliscono che “... l’annullabilità della deliberazione assembleare può essere fatta valere in giudizio soltanto attraverso l'esercizio dell'azione di annullamento; tale azione deve estrinsecarsi in una domanda che può essere proposta "in via principale", nell'ambito di autonomo giudizio, oppure "in via riconvenzionale", anche nell'ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, sempreché il termine per l'esercizio dell'azione di annullamento non sia perento”. Nega, infine, la S.C. che detta annullabilità possa essere fatta valere in via di eccezione.
La Suprema Corte conclude l’analisi del quesito esprimendo i seguenti principi di diritto:
«Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità, dedotta dalla parte o rilevata d'ufficio, della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione, sia l'annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest'ultima sia dedotta in via di azione - mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell'atto di citazione in opposizione - ai sensi dell'art. 1137, secondo comma, cod. civ., nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione»;
«Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, l'eccezione con la quale l'opponente deduca l'annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione, senza chiedere una pronuncia di annullamento di tale deliberazione, è inammissibile e tale inammissibilità va rilevata e dichiarata d'ufficio dal giudice».
Violazione dei criteri di suddivisione delle spese: nullità o annullabilità della delibera?
Il secondo quesito posto dalla Sezione rimettente era il seguente: se una deliberazione condominiale che ripartisca le spese tra i condomini in violazione dei criteri dettati negli artt. 1123 e segg. cod. civ. o dei criteri convenzionalmente stabiliti, debba ritenersi affetta da "nullità", come tale rilevabile d'ufficio e deducibile in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse, ovvero da mera "annullabilità", deducibile nei modi e nei tempi previsti dall'art. 1137, secondo comma, cod. civ.
Per inquadrare la questione può essere utile lo schema identificato dalla Corte di Cassazione e da leggere in questa Rivista in “L'impugnabilia' delle delibere assembleari: quando sono nulle e quando annullabili”, principio richiamato anche dalle Sezioni Unite in commento, le quali non mancano di sottolineare come questo, oramai consolidato, criterio distintivo si sia rivelato non del tutto adeguato proprio con riferimento alle deliberazioni assembleari aventi ad oggetto la ripartizione, tra i condomini, delle spese afferenti alla gestione delle cose e dei servizi comuni in violazione dei criteri stabiliti dalla legge (artt. 1123 e segg.cod. civ.) o dal regolamento condominiale contrattuale. In merito infatti, già le sezioni semplici hanno dato origine a diversi orientamenti.
Le Sezioni Unite assumendo che la categoria della annullabilità è stata elevata dal legislatore a "regola generale" delle deliberazioni assembleari viziate, sottolineano l'inadeguatezza del criterio distintivo (coniato da precedente arresto delle SS.UU:, del 2005) tra nullità e annullabilità fondato sulla contrapposizione tra "vizi di sostanza" e "vizi di forma".
Attraverso un lungo argomentare le SS.UU. giungono alla conclusione che la categoria giuridica della nullità, con riguardo alle deliberazioni dell'assemblea dei condomini, ha una estensione del tutto residuale rispetto alla generale categoria della annullabilità. Ed elencano, nei seguenti, i soli casi nei quali si può ritenere nulla la delibera condominiale:
1) "Mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali" (volontà della maggioranza; oggetto; causa; forma), tale da determinare la deficienza strutturale della deliberazione;
2) "Impossibilità dell'oggetto, in senso materiale o in senso giuridico", da intendersi riferito al contenuto (c.d. decisum) della deliberazione. L'impossibilità materiale dell'oggetto della deliberazione va valutata con riferimento alla concreta possibilità di dare attuazione a quanto deliberato; l'impossibilità giuridica dell'oggetto, invece, va valutata in relazione alle "attribuzioni" proprie dell'assemblea.
3) "Illiceità". Si tratta di quei casi in cui la deliberazione assembleare, pur essendo stata adottata nell'ambito delle attribuzioni dell'assemblea, risulti avere un "contenuto illecito" (art. 1343 cod. civ.), nel senso che il decisum risulta contrario a "norme imperative", all' "ordine pubblico" o al "buon costume".
Per ognuno dei seguenti punti le Sezioni Unite illustrano il concetto sottostante, creando una nuova classificazione rispetto a quanto oggetto dell’arresto del 2005 su menzionato. E conclude affermando i seguenti principi di diritto:
«In tema di condominio negli edifici, sono affette da nullità, deducibile in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse, le deliberazioni dell'assemblea dei condomini che mancano ab origine degli elementi costitutivi essenziali, quelle che hanno un oggetto impossibile in senso materiale o in senso giuridico - dando luogo, in questo secondo caso, ad un "difetto assoluto di attribuzioni" - e quelle che hanno un contenuto illecito, ossia contrario a "norme imperative" o all'ordine pubblico" o al "buon costume"; al di fuori di tali ipotesi, le deliberazioni assembleari adottate in violazione di norme di legge o del regolamento condominiale sono semplicemente annullabili e l'azione di annullamento deve essere esercitata nei modi e nel termine di cui all'art. 1137 cod. civ.»;
«In tema di deliberazioni dell'assemblea condominiale, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalle legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell'assemblea previste dall'art. 1135, numeri 2) e 3), cod. civ. e che è sottratta al metodo maggioritario; sono, invece, meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate senza modificare i criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione, ma in violazione degli stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell'esercizio delle dette attribuzioni assembleari, che non sono contrarie a norme imperative, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall'art. 1137, secondo comma, cod. civ.».
Mancata comunicazione alla parte del provvedimento del giudice
Le Sezioni Unite si sono, infine, soffermate ad analizzare le conseguenze della mancata comunicazione alla parte costituita del provvedimento con il quale non venivano ammesse le prove e di fissazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni. Parte ricorrente aveva chiesto la declaratoria delle nullità di tutti gli atti processuali conseguenti. Tuttavia, rilevava la S.C., la stesa parte aveva partecipato all’udienza di precisazione delle conclusioni nulla obiettando e sollevando, in tal modo sanando la grave irregolarità che avrebbe potuto portare – in assenza di comportamento sanante della parte – alla nullità degli atti del processo conseguenti.
La Corte ha espresso il seguente principio di diritto:
«La mancata comunicazione alla parte costituita, a cura del cancelliere - ai sensi dell'art. 176, secondo comma, cod. proc. civ. - dell'ordinanza istruttoria pronunciata dal giudice fuori dell'udienza provoca la nullità dell'ordinanza stessa e la conseguente nullità, ai sensi dell'art. 159 cod. proc. civ., degli atti successivi dipendenti, a condizione che essa abbia concretamente impedito all'atto il raggiungimento del suo scopo, nel senso che abbia provocato alla parte un concreto pregiudizio per il diritto di difesa; se la parte abbia comunque avuto conoscenza dell'udienza fissata per la prosecuzione del processo ed abbia partecipato ad essa senza dedurre specificamente l'eventuale pregiudizio subito per il diritto di difesa e senza formulare istanze dirette ad ottenere il rinvio dell'udienza, la nullità deve ritenersi sanata per raggiungimento dello scopo dell'atto, ai sensi dell'art. 156, terzo comma, cod. proc. civ.».
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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione SS.UU. civili Sentenza n. 9839 dep. 14/04/2021
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