I gravi motivi per un valido recesso nelle locazioni commerciali devono essere oggettivi
La cessazione dell’attività aziendale può costituire grave motivo di recesso dalle locazione commerciale in atto ai sensi dell'ultimo comma art. 27 legge equo canone?

Nella locazione commerciale la durata del rapporto è principalmente indicata in 6 dall’art. 27 della cd. Legge equo canone, che riportiamo qui sotto per esteso.
Art. 27 - Durata della locazione
1. La durata delle locazioni e sublocazioni di immobili urbani non può essere inferiore a sei anni se gli immobili sono adibiti ad una delle attività appresso indicate industriali, commerciali e artigianali di interesse turistico, quali agenzie di viaggio e turismo, impianti sportivi e ricreativi, aziende di soggiorno ed altri organismi di promozione turistica e simili.
2. La disposizione di cui al comma precedente si applica anche ai contratti relativi ad immobili adibiti all'esercizio abituale e professionale di qualsiasi attività di lavoro autonomo.
3. La durata della locazione non può essere inferiore a nove anni se l'immobile urbano, anche se ammobiliato, è adibito ad attività alberghiere, all'esercizio di imprese assimilate ai sensi dell'articolo 1786 del codice civile o all'esercizio di attività teatrali.
4. Se è convenuta una durata inferiore o non è convenuta alcuna durata, la locazione si intende pattuita per la durata rispettivamente prevista nei commi precedenti.
5. Il contratto di locazione può essere stipulato per un periodo piu' breve qualora l'attività esercitata o da esercitare nell'immobile abbia, per sua natura, carattere transitorio.
6. Se la locazione ha carattere stagionale, il locatore è obbligato a locare l'immobile, per la medesima stagione dell'anno successivo, allo stesso conduttore che gliene abbia fatta richiesta con lettera raccomandata prima della scadenza del contratto. L'obbligo del locatore ha la durata massima di sei anni consecutivi o di nove se si tratta di utilizzazione alberghiera.
7. E' in facoltà delle parti consentire contrattualmente che il conduttore possa recedere in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore, mediante lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione.
8. Indipendentemente dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata.
Il comma 7 concede alle parti di concordare la possibilità del conduttore di recedere in qualsiasi momento. Qualora nel contratto ciò non sia previsto il conduttore dovrà necessariamente attendere la conclusione del contratto, avendo l’avvertenza di notiziare ufficialmente dell’intenzione di non rinnovare il contratto ai sensi delll’art. 28 L.392/78. In caso di mancata disdetta nei termini il contratto si rinnova di ulteriori sei anni.
L’ultimo comma dell’art. 27 su indicato stabilisce che, indipendentemente dall’accordo contrattuale con il quale è permesso al conduttore il recesso con preavviso di mesi 6 almeno, e quindi anche qualora non vi sia alcuna pattuizione scritta in tal senso, il conduttore potrà sempre recedere dal contratto di locazione qualora sussistano gravi motivi. Sempre notiziando il locatore del recesso con preavviso scritto di almeno 6 mesi.
Modalità del recesso del conduttore
Scrive la Corte che al fine di esercitare un legittimo esercizio del diritto di recesso dal contratto di locazione, in tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, è richiesto che il conduttore manifesti al locatore, “con lettera raccomandata o altra modalità equipollente, il grave motivo per cui intende recedere dal contratto, senza avere anche l'onere di spiegare le ragioni di fatto, di diritto o economiche su cui tale motivo è fondato, né di darne la prova, perché queste attività devono esser svolte in caso di contestazione da parte del locatore”.
Tuttavia, aggiunge, “la comunicazione del conduttore, ancorché non espressamente previsto dalla norma, non può, tuttavia, prescindere dalla specificazione dei motivi. La necessità della specificazione dei motivi inerisce, quindi, al perfezionamento della stessa dichiarazione di recesso e, al contempo, risponde alla finalità di consentire al locatore la precisa e tempestiva contestazione dei relativi motivi sul piano fattuale o della loro idoneità a legittimare il recesso medesimo ..., dovendo conseguentemente escludersi che il conduttore possa esplicitare successivamente le ragioni della determinazione assunta”.
Va, infine, riportato che secondo la giurisprudenza di legittimità, il recesso del conduttore per gravi motivi ex art. 27, ottavo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392, attesa la sua natura di atto unilaterale recettizio, produce effetto - ex art. 1334 cod. civ. - per il sol fatto che la relativa dichiarazione pervenga al domicilio del locatore, non occorrendo anche la mancata contestazione, da parte di quest'ultimo, circa l'esistenza o rilevanza dei motivi addotti (Cass. 26623 depositata in data 9/9/22). Il quale ultimo arresto dichiara anche che “L'atto di recesso del conduttore, anche se condizionato da una giustificazione obiettiva, produce l'effetto di sciogliere il rapporto di locazione attraverso il meccanismo proprio degli atti unilaterali descritto dall'art. 1334 cod. civ. … Ciò comporta che nella legge dell'equo canone è contenuto un principio di vincolatività della dichiarazione, la quale non può essere più revocata dopo la conoscenza da parte del destinatario, per cui, una volta espressa la volontà di recesso, il conduttore non può affidarne l'effetto ad elementi causali non contenuti nell'atto di preavviso richiesto dai ricordati articoli della legge n. :392 del 1978 ed il giudice chiamato a verificare la legittimità del recesso del conduttore deve verificare che questo corrisponda ai motivi, che devono essere gravi, espressi nell'atto di preavviso.”.
Gravi motivi di recesso del conduttore di locazione commerciale
Si è, conseguentemente, posta l’attenzione su quali fatti possano condurre al riconoscimento del grave motivo.
La recente Corte di Cassazione, con Ordinanza n. 26618 depositata in data 9 settembre 2022 ha esaminato il caso del recesso comunicato motivato sulla cessazione dell’attività dell’azienda.
Ciò che è indiscusso è che devono essere motivi oggettivi, cogentemente esterni e non legati a decisioni del conduttore o, comunque, aventi carattere chiaramente soggettivo.
Afferma la Corte che “le ragioni che possono giustificare la liberazione anticipata dal vincolo ai sensi dell'art. 27, ultimo comma, della legge n. 392/78, devono essere determinate da avvenimenti sopravvenuti alla costituzione del rapporto, estranei alla volontà del conduttore e imprevedibili, tali da rendere oltremodo gravosa per quest'ultimo la sua prosecuzione .... Pertanto, la gravosità della prosecuzione, che deve avere una connotazione oggettiva, non può risolversi nell'unilaterale valutazione effettuata dal conduttore in ordine alla convenienza o meno di continuare il rapporto locativo, e dev'essere, non solo tale da eccedere l'ambito della normale alea contrattuale, ma anche consistere in un sopravvenuto squilibrio tra le prestazioni originarie, tale da incidere significativamente sull'andamento dell'azienda globalmente considerata”.
Nel caso di specie le motivazioni del recesso erano inerenti alla decisione di cessare l'attività nei locali oggetto di locazione. Non specificava, invece, che si trattasse di una chiusura dell’impresa. Secondo la Corte “ la ragione di recesso indicata nella comunicazione era assolutamente inidonea a integrare a livello di indicazione come motivo del negozio di recesso una circostanza integrante «grave motivo», giacché il dire che si vuole recedere per cessazione dell'attività nei locali (questo significa il «per cessazione dell'attività in essi») sottende una motivazione che, non esternando la ragione giustificativa della cessazione, ne impedisce la riconduzione ad una ragione apprezzabile come idonea a determinare l'interruzione dell'impegno al rispetto del sinallagma”.
La dichiarazione di non voler proseguire l'attività, può essere ricondotta ad una soggettiva valutazione imprenditoriale non conseguente a fattori obiettivi.
Diverso il caso di cessazione dell’impresa, la messa in liquidazione per crisi aziendale, ecc.