Sulla tassazione del documento ricognitivo del debito depositato in giudizio si esprimono le SS.UU.

Non tutte le scritture private depositate in giudizio sono oggetto di tassazione. Il documento ricognitivo del debito è soggetto ad imposta di registro in misura fissa solo in caso d'uso. Cassazione SS.UU civili, Sentenza n. 7682/2023

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Sulla tassazione del documento ricognitivo del debito depositato in giudizio si esprimono le SS.UU.

Il fatto.

Nel caso di specie un contribuente otteneva un decreto monitorio fondato su assegno bancario non trasferibile. A corredo della documentazione del monitorio parte ingiungente produceva una scrittura privata firmata dal debitore nella quale si specificava il vincolo giuridico sottostante all’assegno, vale a dire un prestito personale infruttifero, prevedendosi in quel documento la data prevista per la restituzione del prestito.

L’Agenzia delle Entrate, oltre a tassare il decreto ingiuntivo in quanto titolo esecutivo, notificava avviso di liquidazione relativo all'imposta di registrazione della scrittura privata (applicando l'aliquota del 3% in relazione all'art. 9 della Tariffa - Parte I - allegata al T.U. Registro, quale «atti diversi da quelli altrove indicati aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale»).

La questione, arrivata al terzo grado, veniva ritenuta di massima e di particolare importanza dovendosi chiarire la nozione di deposito in caso d'uso e l'obbligo di registrazione relativo ai documenti depositati nei procedimenti giudiziari, alla luce della presenza di contrasto tra indirizzi interpretativi difformi in tema di registrazione di atto di ricognizione di debito.

La questione è stata decisa dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite civili con Sentenza n. 7682 depositata in data 16/03/2023.

 

Registrazione in caso d’uso

La Suprema Corte ricorda che in base all'art. 6 del T.U. Registro, «si ha caso d'uso quando un atto si deposita, per essere acquisito agli atti, presso le cancellerie giudiziarie nell'esplicazione di attività amministrative o presso le amministrazioni dello Stato o degli enti pubblici territoriali e i rispettivi organi di controllo, salvo che il deposito avvenga ai fini dell'adempimento di un'obbligazione delle suddette amministrazioni, enti o organo ovvero sia obbligatorio per legge o per regolamento».

E aggiunge che la corretta interpretazione della norma vuole che si abbia a riferimento al fatto che la parte che esegue il deposito intenda conseguire un effetto sostanziale e cioè l'acquisizione dell'atto medesimo a fini giuridici ed operativi; ciò in sintonia con l'indirizzo espresso in dottrina, secondo cui è "il presupposto teleologico" a fondare l'obbligo di registrazione in "caso d'uso", non essendo di per sé sufficiente il mero deposito a concretizzarlo.

 

La ricognizione di debito non costituisce autonoma fonte di obbligazione

Nell’esaminare la fattispecie la S.C. chiarisce che nel genus degli atti avanti natura dichiarativa sono tendenzialmente distinguibili tre diverse categorie di atti:

a) quella degli atti o negozi "dichiarativi" riferibili alle fattispecie nella quali, come nella divisione, si abbia, per effetto del negozio dichiarativo, una modificazione della situazione giuridica preesistente, senza che a ciò consegua, però, il prodursi di effetti obbligatori o reali;

b) quella degli atti o negozi "ricognitivi" finalizzati, da parte di chi li pone in essere, a manifestare la propria consapevolezza in ordine ad una data situazione giuridica, non incerta, preesistente all'atto ricognitivo, situazione che pertanto non viene ad essere in alcun modo innovata, non ricorrendo, rispetto ad essa, alcun effetto costitutivo, modificativo od estintivo ad opera dell'atto ricognitivo;

c) quella, infine, degli atti o negozi di accertamento (distinguibili in negozi di "mero accertamento" e in negozi di "accertamento costitutivo"), la cui causa sia quella di rimuovere un'oggettiva e riconosciuta dalle parti situazione d'incertezza.

Il riconoscimenti di debito oggetto del ricorso per cassazione, afferma la Corte, è propriamente un atto meramente ricognitivo.

Ricorda ancora la Corte che sulla base di principio consolidato, la ricognizione di debito, al pari della promessa di pagamento, non costituisce una autonoma fonte di obbligazione ma determina un'astrazione meramente processuale della causa debendi, comportante una semplice relevatio ab onere probandi, per la quale il destinatario della ricognizione di debito è dispensato dall'onere di provare l'esistenza del rapporto fondamentale.

In merito alla natura della ricognizione del debitore, ai fini fiscali, nello scegliere fra tre orientamenti maturati nella giurisprudenza di legittimità, le SS.UU. dichiarano di adottare quell’orientamento secondo il quale alla ricognizione di debito, avendo essa natura meramente dichiarativa e, come tale, non apportando alcuna modificazione né rispetto alla sfera patrimoniale del debitore che la sottoscrive, né a quella del creditore che la riceve, limitandosi a confermare un'obbligazione già esistente deve attribuirsi natura di mera dichiarazione di scienza, rispetto alla quale non sarebbe applicabile, quindi, né l'art. 9, parte prima, della tariffa, né l'art. 3, parte prima della tariffa, ma l'art. 4, parte II, della Tariffa, secondo cui, sono assoggettate, in caso d'uso, ad imposta di registro in misura fissa, per quanto qui rileva, le scritture private non autenticate non aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale.

In conclusione le Sezioni Unite esprimono i seguenti principi di diritto:

"Il deposito di documento a fini probatori in procedimento contenzioso non costituisce "caso d'uso" in relazione al D.P.R. n. 131/1986, art. 6".
"La scrittura privata non autenticata di ricognizione di debito che, come tale, abbia carattere meramente ricognitivo di situazione debitoria certa, non avendo per oggetto prestazione a contenuto patrimoniale, è soggetta ad imposta di registro in misura fissa solo in caso d'uso".

 

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Di seguito il testo di

 

Corte di Cassazione SS.UU civili, Sentenza n. 7682 del 16/03/2023

 

 

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