La cointestazione del conto corrente non determina automaticamente la cessione della provvista
La cointestazione del conto corrente è solo un atto unilaterale che legittima ad operare e non invece un trasferimento del contenuto dello stesso, secondo Cassazione Civile Ordinanza n. 21963/2019

Il fatto.
Tizia cointestava a due discendenti, Caio e Sempronio, il proprio conto corrente al quale era agganciato un deposito titoli. Questi due discendenti con poche operazioni avevano prelevato tutto quanto era ivi giacente, compresi risparmi presenti nel deposito titoli. Ciò senza che Tizia risultasse – in corso di causa – consapevole dell’avvenuto prelievo.
Al decesso di Tizia, altri eredi scoprono l’operazione e chiedono giudizialmente la restituzione di quanto prelevato (ovviamente detratta la quota ereditaria spettante a Caio e Sempronio), sul presupposto che Tizia non aveva ceduto quelle somme né aveva lasciato intendere alcun animus donandi, e che, di conseguenza, si trattava di una mera appropriazione indebita.
Secondariamente chiedevano fosse tenuta la banca a risarcire, tenuto conto che avrebbe permesso tali operazioni senza accertarsi della volontà della de cuius.
Le corti del merito accolgono la prima domanda.
La natura della cointestazione del conto corrente
Sovente, l’argomentazione utilizzata per caricare di significato l’atto della cointestazione, vale a dire per supportare l’insita sua natura traslativa, si fonda sul ragionamento che se l’originario titolare del conto corrente avesse voluto semplicemente attribuire poteri di firma avrebbe potuto utilizzare la delega su conto corrente, oppure una procura.
La giurisprudenza [1], tuttavia, già ha avuto modo di chiarire che solamente in presenza di un animus donandi, che emerga chiaramente ed univocamente nel corso del giudizio, si potrà attribuire all’atto di cointestare una valenza cessoria.
Posizione della banca riguardo al pagamento al cointestatario
Altre volte, domande di risarcimento dei danni causati per indebito prelievo su conto corrente cointestato sono state formulate contro l’istituto di credito, sulla base della considerazione che la banca avrebbe dovuto tenere in considerazione della reale volontà dell’originario titolare del conto corrente.
Tuttavia il rapporto fra cointestatari e banca è diverso da quello fra eredi o fra gli stessi cointestatari.
La banca si assume degli obblighi derivanti dal contratto di conto corrente e sulla base dell’art. 1854 del cod. civ. “Nel caso in cui il conto sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto”. Ne consegue che “in caso di cointestazione del conto, non rileva chi dei titolari sia beneficiario dell'accredito o chi abbia utilizzato la somma accreditata (rilevante nei rapporti interni tra i correntisti)”[2].
E, ancora, “nel caso in cui il deposito bancario sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere, sino alla estinzione del rapporto, operazioni, attive e passive, anche disgiuntamente, si realizza una solidarietà dal lato attivo dell'obbligazione, che sopravvive alla morte di uno dei contitolari, sicchè il contitolare ha diritto di chiedere, anche dopo la morte dell'altro, l'adempimento dell'intero saldo del libretto di deposito a risparmio e l'adempimento così conseguito libera la banca verso gli eredi dell'altro contitolare” (Corte di Cassazione, Sentenza del 03/06/2014 n. 12385 [3]).
Conclusioni.
Afferma la Suprema Corte: “la cointestazione è di per sé una mera dichiarazione rivolta alla banca (nella quale, peraltro, nella specie, non risulta enunciata né la volontà di trasferire il credito e neppure la causa di tale cessione di credito, con conseguente nullità dell'ipotizzato contratto)”.
E conclude come segue:
“la cointestazione di un conto corrente, salvo prova di diversa volontà delle parti (ad es dell'esistenza di un contratto di cui la cointestazione fosse atto esecutivo ovvero del fatto che la cointestazione costituisca una proposta contrattuale, accettata per comportamento concludente), è di per sé atto unilaterale idoneo a trasferire la legittimazione ad operare sul contro (e, quindi, rappresenta una forma di procura), ma non anche la titolarità del credito, in quanto il trasferimento della proprietà del contenuto di un conto corrente (ovvero dell'intestazione del deposito titoli che la banca detiene per conto del cliente) è una forma di cessione del credito (che il correntista ha verso la banca) e, quindi, presuppone un contratto tra cedente e cessionario”.
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1 - Cass. 6784/2012 in questa Rivista “Cointestazione del conto corrente e donazione indiretta”
2 - Vedi Cass. Ordinanza n° 4320/2018 in “L'uso del conto corrente cointestato con il de cuius comporta accettazione tacita dell'eredità?”
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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione Civile Sez. III, Ordinanza n. 21963 dep. 03/09/2019
RILEVATO IN FATTO
1.La Corte d'Appello di Venezia con sentenza n. 96/2017, rigettando l'impugnazione principale e quella incidentale, ha integralmente confermato la sentenza n. 3822/2015, con la quale il Tribunale di Venezia - nel procedimento, promosso dai fratelli G., C. e A. P. nei confronti di A. e AA. S., nonché di S.Br. - aveva rigettato la domanda risarcitoria proposta dai primi nei confronti dei convenuti.
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