La Cassazione censura l’orientamento della giurisprudenza di merito sulla c.d. mediazione effettiva

L'obbligo della comparizione personale delle parti avanti al mediatore al fine di ritenere soddisfatta la condizione di procedibilità viene smentito dalla Suprema Corte. Cassazione Sentenza n.8473/2019

La Cassazione censura l’orientamento della giurisprudenza di merito sulla c.d. mediazione effettiva

Per la prima volta la Cassazione (sentenza n.8473 del 28.03.2019) affronta alcune questioni in materia di mediazione obbligatoria e fornisce alcune indicazioni sferzando orientamenti minoritari della giurisprudenza di merito che aveva dato origine ad una interpretazione estensiva dubbia, in quanto non in linea con il dato normativo.

Alcuni giudici di merito avevano elaborato un concetto di “mediazione effettiva” che avevo criticato ed avevo considerato piuttosto come “mediazione forzata” con presupposti e modalità non previsti dalle norme del decreto legislativo n.28/2010 (v. in questa Rivista "La Mediazione forzata" del 17.04.2018).

Quando si può ritenere che il tentativo di mediazione obbligatoria sia utilmente concluso, ai fini di ritenere soddisfatta la condizione di procedibilità? E' sufficiente che le parti compaiano, assistite dai loro avvocati, per il primo incontro davanti al mediatore o è necessario che si dia effettivo corso alla mediazione? In altri termini, è sufficiente che il futuro attore ( o l'attuale attore, come nel nostro caso, qualora le parti siano stata rimesse in mediazione dal giudice, a causa già iniziata) sia fisicamente presente, in proprio o delegando la presenza ad altra persona, e possa , finite la formalità preliminari illustrative delle finalità e delle modalità della mediazione, limitarsi a comunicare al mediatore di non aver nessuna intenzione di procedere oltre e di provare a trovare una soluzione, o è necessario che la mediazione sia "effettiva", che le parti provino quanto meno a discutere per trovare una soluzione, per poi poter dare atto a verbale della impossibilità di addivenire ad una soluzione positiva?

Per la Suprema Corte non deve essere interpretato estensivamente il dato letterale dell’art.8 del D. Lgs. n.28/2010 né deve essere reso eccessivamente complesso o dilazionato l’accesso alla tutela giurisdizionale, è sufficiente, quindi, che le parti compaiano personalmente dinanzi al mediatore e, ricevute le informazioni sulla funzione e sulla modalità di svolgimento della mediazione, possono liberamente manifestare il loro parere negativo sulla possibilità di proseguire la procedura.

L’onere della parte che intenda agire in giudizio (o che, avendo agito, si sia vista opporre il mancato preventivo esperimento della mediazione e sia stata rimessa davanti al mediatore dal giudice) di dar corso alla mediazione obbligatoria, è adempiuto con l'avvio della procedura di mediazione e con la comparizione al primo incontro davanti al mediatore, all'esito del quale, ricevute dal mediatore le necessarie informazioni in merito alla funzione e alle modalità di svolgimento della mediazione, può liberamente manifestare il suo parere negativo sulla possibilità di utilmente iniziare (rectius proseguire) la procedura di mediazione. Alla stessa conclusione si perviene nel caso in cui una delle parti non compaia al primo incontro.

L’unica “sanzione” prevista dalla legge per il comportamento della parte che non intenda proseguire nella procedura di mediazione o che non compaia è quella indicata dal comma 4 bis dell’art.8 del d.lgs. n.28/2010, così come precisato nella mia nota su sito web www.professionegiustizia.it, 17.04.2018 ("Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell'articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall'articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.").

La sentenza della Cassazione è molto chiara ed esclude che le parti che non vogliano procedere o proseguire nel procedimento di mediazione o che non vogliano comparire, possano essere “sanzionate” con la declaratoria di improcedibilità in giudizio, come è spesso avvenuto dinanzi ad alcuni giudici di tribunale.

Seguono i principi di diritto espressi dalla Corte di Cassazione Sez. III civile, Sentenza n. 8473 dep. 27/03/2019:

- nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal d.lgs. n. 28 del 2010 e successive modifiche, è necessaria la comparizione personale delle parti davanti al mediatore, assistite dal difensore;

- nella comparizione obbligatoria davanti al mediatore la parte può anche farsi sostituire da un proprio rappresentante sostanziale, eventualmente nella persona dello stesso difensore che l'assiste nel procedimento di mediazione, purchè dotato di apposita procura sostanziale;

- la condizione di procedibilità può ritenersi realizzata al termine del primo incontro davanti al mediatore, qualora una o entrambe le parti, richieste dal mediatore dopo essere state adeguatamente informate sulla mediazione, comunichino la propria indisponibilità di procedere oltre.

 

La speranza è che questa prima decisione della Cassazione, chiara ed esaustiva, ponga fine ad abusi e ad imposizioni che ledono il diritto di difesa e della libertà delle parti anche nella scelta delle strategie processuali per l’affermazione e la tutela dei diritti.

Avv. Alessandro Moscatelli

 

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Di seguito il testo di


Corte di Cassazione Sez. III civile, Sentenza n. 8473 dep. 27/03/2019

I FATTI DI CAUSA

1.Il giudizio di primo grado.

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