Responsabilità solidale del committente per retribuzioni non pagate al lavoratore dall'appaltatore

Responsabilità in solido del committente per le retribuzioni non pagate al lavoratore subordinato dell'appaltatore. Il DURC. Cassazione civile Sentenza n. 444/2019

- di Avv. Giuseppe Savoca
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Responsabilità solidale del committente per retribuzioni non pagate al lavoratore dall'appaltatore

Appalto: la responsabilità in solido del committente per le retribuzioni non pagate al lavoratore subordinato dell'appaltatore. La reviviscenza del regime di cui al D.Lgs. n. 267/2003. Cassazione Civile, Sez. Lav., Sent. n. 444 del 10 Gennaio 2019.

« Il committente risponde solamente per i crediti maturati in relazione al periodo del rapporto di lavoro coinvolto dall'appalto e, nella specie, della sola quota parte di T.F.R. maturato dal lavoratore nell'ambito dello specifico appalto »

In tema di appalto, con la recente sentenza n. 444/2019 la Corte di Cassazione si è pronunciata sul regime di responsabilità in solido tra l’Appaltatore e il Committente, con specifico riferimento al trattamento retributivo e contributivo maturato dai lavoratori dipendenti impiegati nella realizzazione dell’opera oggetto di appalto.

 

1. Il caso di specie

Il Tribunale di Firenze dichiarava meritevole di accoglimento il ricorso promosso da una lavoratrice (alle dipendenze di una Società subappaltatrice) nei confronti della società appaltante di servizi di pulizia su un tratto autostradale nazionale, volto al riconoscimento, e alla successiva condanna al pagamento, di somme retributive (quali T.F.R., tredicesima e quattordicesima mensilità, indennità sostitutiva delle ferie e permessi ROL non goduti) maturati dalla stessa lavoratrice dal mese di Luglio 2004 al Marzo 2011.

La Committente proponeva quindi appello avverso la sentenza di primo grado.

Il mezzo di gravame proposto veniva successivamente dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c e ciò in quanto la Corte di Appello di Firenze riteneva sussistente, in capo alla parte committente, una responsabilità solidale in senso stretto (e non ravvisando pertanto l’esistenza di una garanzia sussidiaria) per i trattamenti retributivi e contributivi, nonché per l’intero TFR maturati nei confronti dell’appaltatore/datore di lavoro, senza che rilevanza alcuna avesse la preventiva escussione del patrimonio di quest’ultimo.

Con ricorso affidato a quattro motivi, la Committente proponeva impugnazione dinanzi la Corte di Cassazione.

 

2. La decisione della Corte

Con il quarto motivo la Società ricorrente lamentava, sotto altro profilo, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 29 del D.Lgs. n. 276/2003, e degli artt. 2697, 2109 e 2110 c.c. per avere la Corte di Appello erroneamente ritenuto incontestate le modalità di estrinsecazione del rapporto di lavoro tra la lavoratrice e la appaltatrice, nonché i relativi conteggi prodotti all'interno del giudizio di merito.

Ad opinione della ricorrente, infatti, l’indennità sostitutiva di ferie non godute, stante la sua funzione indiscutibilmente risarcitoria, non poteva ricomprendersi nel novero dei « trattamenti retributivi».

Ed ancora, secondo la ricorrente l’erogando T.F.R. doveva unicamente considerarsi con esclusivo riferimento alla quota maturata nel periodo di esecuzione dell’appalto, e non quindi parametrato all’intero rapporto di lavoro intercorso tra la lavoratrice e la società appaltatrice (al quale, per ovvi motivi, la Committente rimaneva estranea).

Prima di addivenire alla cassazione della sentenza impugnata in accoglimento, seppur parziale, del ridetto motivo di impugnazione, con la pronuncia in esame la Corte di Cassazione ha svolto una precisa digressione storico-giuridica circa il compendio normativo susseguitosi nel tempo (e ciò anche in ragione del secondo motivo di impugnazione 1).

Ed infatti l’art. 29 del Decreto Legislativo n. 276/2003 disciplina, sin dalla sua entrata in vigore, il regime di tutela offerto ai lavoratori dipendenti impiegati in appalti di opere e servizi.

Nonostante la norma sia stata oggetto di diversi (e vicini) interventi legislativi, la formulazione applicabile al caso di specie ratione temporis recita testualmente che « In caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore , nonché con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto , a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti ».

Giova precisare che a sommesso parere degli autori, dal tenore letterale della norma:

a) da un lato è stata introdotta la responsabilità in solido (con l’appaltatore e/o eventuali subappaltatori) della parte committente, senza la contestuale introduzione di alcun criterio di sussidiarietà né, a maggior ragione, di beneficio di preventiva escussione. In altri termini, operando una fictio iuris limitata al trattamento retributivo-contributivo, il committente è da considerarsi alla stregua del datore di lavoro/appaltatore;

b) dall'altro tale responsabilità solidale sussiste per un limitato arco temporale, individuato nel biennio successivo alla data di cessazione/estinzione del rapporto di appalto. La Corte prosegue nell'evidenziare come la norma evocata sia stata oggetto di diverse modifiche. Ed infatti,

a) con l’ art. 21, comma 1, D.L. n. 5 2012 2(convertito in Legge n. 35 del 2012) ha previsto la sussidiarietà dell’obbligazione solidale, introducendo indi una gerarchia tra i debitori.

b) l’art. 13-ter, comma 1, d.l. n. 83 del 2012 3 (convertito in Legge n. 134 del 2012 ) ha introdotto una disciplina autonoma con riguardo alla responsabilità solidale per il versamento all'Erario delle ritenute sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto scaturente dalle fatture inerenti alle prestazioni effettuate nell'ambito del subappalto.

c) l’art. 4, comma 31, della Legge n. 92 del 2012 4ha, invece introdotto la possibilità, a favore della contrattazione collettiva, di derogare alla solidarietà, prevedendo il litisconsorzio necessario con l'appaltatore e il beneficium excussionis.

d) con l’art. 50 del D.L. n. 69 del 2013, convertito in legge n. 98 del 2013 5), è stata abrogata la regola concernente la responsabilità solidale per le imposte sul valore aggiunto.

Orbene se è vero, com'è vero, che la ratio dell'introduzione della responsabilità solidale della parte committente è « quella di evitare il rischio che i meccanismi di decentramento, e di dissociazione fra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione, vadano a danno dei lavoratori utilizzati nell'esecuzione del contratto commerciale » (in tal senso vedasi la Sentenza della Corte Costituzionale n. 254 del 2017) è anche vero che la finalità principe del regime di responsabilità solidale in parola è quella di incentivare, in un’ottica sia meramente commerciale che giuslavoristica, l’utilizzo più virtuoso ( recte: più stringente e controllato) del negotius dell’appalto di opere o servizi da parte del soggetto committente, inducendo quest’ultimo a selezionare tra la rosa degli imprenditori/appaltatori possibili quelli più affidabili (non solo a livello organizzativo ma anche nella loro sfera patrimoniale, della solvibilità potenziale dei debiti, oltre all’adempimento degli obblighi retributivi e contributivi) invogliando a controllarne l'operato per tutta la durata del vincolo contrattuale.

Ciò posto, la Corte di Cassazione statuisce che Il tenore letterale dell'art. 29 del D.Lgs. n. 276 del 2003 (nella versione precedente le novelle del 2012 e quindi applicabile alla fattispecie posta al suo giudizio) nonché la ratio perseguita dal legislatore (consistente nell'affidare al committente il controllo sulla corretta esecuzione del contratto di appalto da parte dell'appaltatore) consentono di ritenere la responsabilità solidale (in senso stretto) del committente alla prestazione resa dal lavoratore seppur nell'ambito dello specifico appalto stipulato da appaltante e appaltatore.

La Corte delimita l’applicazione oggettiva della norma richiamata, non espressamente prevista dalla lettera dell’art. 29, la cui interpretazione ha dato origine al quarto motivo di impugnazione.

Ed infatti, secondo gli Ermellini « La responsabilità riguarda , pertanto, solo i crediti maturati nel periodo di durata del contratto di appalto e in ragione della prestazione resa per la realizzazione dell'opera o del servizio commissionati. Seppure la norma (sino alle modifiche del 2012, con particolare riferimento al T.F.R.) non lo specifichi, la responsabilità solidale deve ritenersi limitata solo ai crediti retributivi maturati nel corso dell'esecuzione dell'appalto. Invero, la logica della solidarietà imposta dall'art. 29 del d.lgs. n. 276 del 2003 si basa sul rafforzamento della garanzia patrimoniale a favore del lavoratore con riguardo al pagamento dei trattamenti retributivi dovuti in relazione all'appalto cui ha personalmente dedicato le sue energie lavorative avendo, limitatamente ad esso, come debitore non solo il datore di lavoro ma anche l'impresa appaltante, la quale risulta, peraltro, completamente estranea al rapporto di lavoro svolto al di fuori dell'esecuzione dell'appalto (cfr. Cass. n. 17725 del 2017 seppur con riguardo alla disposizione normativa frutto delle modifiche del 2012). Di conseguenza, il committente risponde solamente per i crediti maturati in relazione al periodo del rapporto di lavoro coinvolto dall'appalto e, nella specie, della sola quota parte di T.F.R. maturato dal lavoratore nell'ambito dello specifico appalto ».

La Corte, pertanto, ritenendo che il Tribunale non si sia attenuto a tutti i principi innanzi enunciati, avendo provveduto iperbolicamente a condannare la Società Committente all'intero T.F.R. maturato dalla lavoratrice nei confronti della società appaltatrice (senza aver scorporato le quote maturate con riferimento a prestazioni di lavoro non attinenti all'appalto de quo ) nonché all'indennità sostitutiva delle ferie non godute, in accoglimento parziale del quarto motivo ha cassato con rinvio la sentenza impugnata.

 

3. Rilevanza pratica della Sentenza e considerazioni finali

La pronuncia oggetto del presente contributo, seppure riguardi l’interpretazione di una norma che è stata oggetto, nel corso del tempo, di diverse e rilevanti modifiche legislative, appare di evidente attualità ai fini della determinazione del regime di responsabilità patrimoniale tra appaltatore (e/o subappaltatore) e committente.

Ed infatti va apprezzato come con l’art. 2 del D.L. n. 25/2017, il legislatore abbia inteso abrogare sia la previsione del il beneficio della preventiva escussione posto a tutela, perlopiù temporanea, del committente, sia la possibilità per la contrattazione collettiva di poter derogare al regime (legale) di responsabilità in solido (oggi) vigente in materia.

Le implicazioni pratiche di tale reviviscenza legislativa sono di tutta evidenza notevoli. In primo luogo viene garantita al lavoratore, generalmente individuabile quale soggetto “debole” del rapporto di lavoro subordinato, la possibilità di poter rivolgersi ad un una o all’altra parte, ed eventualmente adire la competente Giustizia per ottenere le spettanze retributive e contributive, ivi incluso il T.F.R., maturate o comunque parametrate alla durata del contratto di appalto.

La caducazione del cd. beneficio della preventiva escussione , e quindi la piena configurabilità della responsabilità solidale “in senso stretto” , fa venir meno l'esistenza di una “gerarchia tra i debitori”, per poi riverberarsi sul piano prettamente processuale sull’assenza di un litisconsorzio necessario tra committente, appaltatore ed eventuali sub appaltatori.

In altri termini, in caso di appalto, il lavoratore rimasto privo dei dovuti emolumenti retributivi e contributivi può convenire indistintamente anche uno solo dei sopraccitati debitori. Tuttavia, a pena di decadenza il lavoratore dovrà esperire la relativa azione entro i due anni dalla cessazione dell’appalto.

Di converso, ne deriva quindi l’apprezzabile e particolare premura che la parte committente dovrà avere nella speculare elezione e designazione dell’appaltatore affidabile tra quelli possibili.

Tale giudizio di affidabilità non solo coinvolgerà le qualità tecnico-professionali dell’Impresa, ma anche, come dianzi detto, la sua solidità patrimoniale, l’eventuale grado di solvibilità dei debiti (presunti o conoscibili) e la regolarità retributiva e contributiva nei confronti dei suoi lavoratori dipendenti.

Per effettuare tale ultima verifica, sia ante negotium , sia in fieri , del contratto di appalto, appare utile suggerire alla parte committente la fruizione del servizio “Durc Online”.

Avv. Giuseppe Savoca

Dott. Adriano Scaletta


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1- Con il secondo motivo di ricorso per cassazione la Società ricorrente deduceva la « violazione e falsa applicazione degli artt. 29 del d.lgs. n. 276 del 2003, 12 disp.prel. cod.civ., 3, 24 e 111 Cost. (in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 cod.proc.civ.), avendo, il Tribunale, condannato la società appaltante pur in assenza di deduzione (e correlativa prova) dello stato di insolvenza della società appaltatrice, datrice di lavoro della D. [lavoratrice n.d.r. ] , dovendosi ritenere – secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata - che l'art. 29 del d.lgs. n. 276 prevede, in capo al committente, una mera garanzia sussidiaria e non una obbligazione solidale in senso stretto (interpretazione confermata dalla novella apportata dall'art. 21 del d.l. n. 5 del 2012, convertito in legge n. 35 del 2012 nonché dall'art. 4, comma 31, della legge n. 92 del 2012). In caso contrario, si profilerebbe una violazione del diritto di difesa dell'appaltante chiamato in giudizio seppur del tutto estraneo ai rapporti di lavoro facenti capo all'appaltatore ».

2 - « L'articolo 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e' sostituito dal seguente:

"2. In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro e' obbligato in solido con l'appaltatore, nonche' con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonche' i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento. Ove convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all'appaltatore, il committente imprenditore o datore di lavoro puo' eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell'appaltatore medesimo. In tal caso il giudice accerta la responsabilita' solidale di entrambi gli obbligati, ma l'azione esecutiva puo' essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l'infruttuosa escussione del patrimonio dell'appaltatore. L'eccezione puo' essere sollevata anche se l'appaltatore non e' stato convenuto in giudizio, ma in tal caso il committente imprenditore o datore di lavoro deve indicare i beni del patrimonio dell'appaltatore sui quali il lavoratore puo' agevolmente soddisfarsi. Il committente imprenditore o datore di lavoro che ha eseguito il pagamento puo' esercitare l'azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali" ».

3 - «Il comma 28 dell'articolo 35 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e' sostituito dai seguenti: "28. In caso di appalto di opere o di servizi, l'appaltatore risponde in solido con il subappaltatore, nei limiti dell'ammontare del corrispettivo dovuto, del versamento all'erario delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e del versamento dell'imposta sul valore aggiunto dovuta dal subappaltatore all'erario in relazione alle prestazioni effettuate nell'ambito del rapporto di subappalto. La responsabilità' solidale viene meno se l'appaltatore verifica, acquisendo la documentazione prima del versamento del corrispettivo, che gli adempimenti di cui al periodo precedente, scaduti alla data del versamento, sono stati correttamente eseguiti dal subappaltatore. L'attestazione dell'avvenuto adempimento degli obblighi di cui al primo periodo può' essere rilasciata anche attraverso un'asseverazione dei soggetti di cui all'articolo 35, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e all'articolo 3, comma 3, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322. L'appaltatore può' sospendere il pagamento del corrispettivo fino all'esibizione della predetta documentazione da parte del subappaltatore. Gli atti che devono essere notificati entro un termine di decadenza al subappaltatore sono notificati entro lo stesso termine anche al responsabile in solido. 28-bis. Il committente provvede al pagamento del corrispettivo dovuto all'appaltatore previa esibizione da parte di quest'ultimo della documentazione attestante che gli adempimenti di cui al comma 28, scaduti alla data del pagamento del corrispettivo, sono stati correttamente eseguiti dall'appaltatore e dagli eventuali subappaltatori. Il committente può' sospendere il pagamento del corrispettivo fino all'esibizione della predetta documentazione da parte dell'appaltatore. L'inosservanza delle modalità' di pagamento previste a carico del committente e' punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 200.000 se gli adempimenti di cui al comma 28 non sono stati correttamente eseguiti dall'appaltatore e dal subappaltatore. Ai fini della predetta sanzione si applicano le disposizioni previste per la violazione commessa dall'appaltatore. 28-ter. Le disposizioni di cui ai commi 28 e 28-bis si applicano in relazione ai contratti di appalto e subappalto di opere, forniture e servizi conclusi da soggetti che stipulano i predetti contratti nell'ambito di attività' rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto e, in ogni caso, dai soggetti di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni. Sono escluse dall'applicazione delle predette disposizioni le stazioni appaltanti di cui all'articolo 3, comma 33, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163».

4 - “All'articolo 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo periodo sono premesse le seguenti parole: «Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più' rappresentative del settore che possono individuare metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità' complessiva degli appalti,»; b) i periodi dal secondo al quinto sono sostituiti dai seguenti: «Il committente imprenditore o datore di lavoro e' convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all'appaltatore e con gli eventuali ulteriori subappaltatori. Il committente imprenditore o datore di lavoro puo' eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell'appaltatore medesimo e degli eventuali subappaltatori. In tal caso il giudice accerta la responsabilita' solidale di tutti gli obbligati, ma l'azione esecutiva puo' essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l'infruttuosa escussione del patrimonio dell'appaltatore e degli eventuali subappaltatori. Il committente che ha eseguito il pagamento puo' esercitare l'azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali»

5 - « Al comma 28, dell'articolo 35, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, le parole: "e del versamento dell'imposta sul valore aggiunto dovuta" sono sostituite dalla seguente "dovute" »

 

 

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Di seguito il testo di

Corte di Cassazione civile Sez. Lavoro, Sentenza n. 444 dep. 10/01/2019

 

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