Lo spessore del cappotto termico va calcolato ai fini del rispetto delle distanze?

Il cappotto termico non è un volume tecnico secondo la Cassazione. La problematica del rispetto delle distanze dopo la realizzazione della coibentazione dell'edificio. Cassazione Sentenza n.. 11845/2020

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Lo spessore del cappotto termico va calcolato ai fini del rispetto delle distanze?

La sentenza della Corte di Cassazione Civile n. 11845 depositata in data 18 giugno 2020 già rilevante in merito alla rilevanza sul dispetto delle distanze a seguito di cambio di destinazione d’uso dell’edificio, ha un occhio di riguardo anche per un tema sempre più diffuso, vista l’attenzione del legislatore sul punto, e che è la rilevanza dello spessore apportato all’edificio dal cappotto termico.

L’usanza, assai diffusa, di rivestire gli edifici con strutture isolanti ai fini del contenimento del consumo energetico, può allargare l’edificio di qualche decina di centimetri, ponendo a rischio le misure delle distanze fra edifici in particolare ma anche del regime delle distanze genericamente parlando.

 

Il cappotto termico e le distanze fra edifici e delle vedute.

Nel caso affrontato dalla Corte di Cassazione vi era stato un lavoro di ristrutturazione di un edificio precedentemente adibito a garage, con modifica della destinazione d’uso per crearne una abitazione. I lavori di ristrutturazione avevano previsto la copertura delle pareti laterali del fabbricato con conseguente naturale allargamento dell’edificio.

Il vicino lamentava la violazione delle norme sulle distanze.

Parte resistente, il proprietario dell’edificio ristrutturato, asseriva la non rilevanza dello spessore apportato dalla coibentazione esterna dovendosi la stessa considerare alla stregua di un volume tecnico.

 

Non dello stesso parere la Corte di Cassazione, per la quale anche il cappotto termico va calcolato ai fini delle distanze.

La Corte, innanzitutto premette che “l'aumento dello spessore non deve necessariamente avvenire all'esterno, ma può essere attuato sul fronte interno del fabbricato”. Quindi il dovere di rispetto delle distanze non rende impossibile la coibentazione che può essere eseguita, secondo la Corte, all’interno del fabbricato.

Sul punto forse la Corte si è spinta un tantino in avanti non tenendo conto che a tal punto, per l’isolamento delle strutture orizzontali (innalzamento dei pavimenti e abbassamenti dei soffitti) si potrebbe rischiare di rendere l’altezza delle stanze non più a norma.

 

In ogni caso, asserisce la Corte “va ricordato che le varie norme che sembrano ammettere una deroga alla disciplina in materia di distanze per le opere di coibentazione termica, subordinano tale esonero al rispetto di ben precisi requisiti”.

E il riferimento va all'art. 14 del D. Lgs. n. 102/2014 al co. 7 e all'art. 11 del D. Lgs. n. 115/2008, secondo i quali la deroga a quanto previsto dalle normative nazionali, regionali o dai regolamenti edilizi comunali, in merito alle distanze minime tra edifici, alle distanze minime dai confini di proprietà, alle distanze minime di protezione del nastro stradale, nonché' alle altezze massime degli edifici, per i lavori di coibentazione, operano solamente qualora dette opere garantiscano una riduzione minima del 10 per cento dei limiti di trasmittanza.

Qualora ciò non sia stato accertato in corso di causa (o non risulti verificatosi) non si può parlare di possibilità di deroga alle distanze.

 

Il calcolo della distanza della finestra dopo il cappotto termico.

Interessanti sono anche le considerazioni riguardanti il rispetto delle distanze di una finestra, nel caso di specie, che dopo la realizzazione dell’isolamento termico esterno andava a trovarsi alla distanza di mt 1,43 anziché 1,50.

Secondo la Corte d’Appello il calcolo doveva essere effettuato al piano di superficie dell'apertura verso l'esterno e non al muro in cui la stessa è praticata. Vale a dire dall’apertura vera e propria che si trovava nella superficie interna del muro ove era praticata l’apertura.

Inoltre la Corte del merito aveva ritenuto atto emulativo il lamentare una violazione di così minima distanza (7cm).

Non dello stesso parere la Corte di Cassazione, la quale rigetta integralmente ogni considerazione in ordine all’atto emulativo e conferma costante giurisprudenza secondo la quale “ l'articolo 907 cod. civ. richiama ai fini della misurazione delle distanze delle costruzioni dalle vedute i criteri stabiliti dal precedente art. 905, con la conseguenza che le distanze dal confine delle vedute, quando queste si aprano in un incavo del muro, deve essere di un metro e mezzo calcolato dalla facciata esterna del muro stesso”.

 

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Di seguito il testo di

Corte di Cassazione Civile Sez. II, Sentenza n.. 11845 dep. 18/06/2020

 

RAGIONI IN FATTO DELLA DECISIONE

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