Uso esclusivo di parti condominiali fra servitù, obbligazione propter rem, diritto reale esclusivo
Sulla possibilità (o meno) di creare un diritto reale di uso esclusivo su una porzione di cortile condominiale si esprimono le Sezioni Unite. Sentenza n. 28972/2020

Il c.d. «diritto reale di uso esclusivo» di creazione sostanzialmente notarile, ha creato non pochi dubbi a causa della sua atipicità costringendo dottrina e giurisprudenza a trovare soluzioni rivelatesi non sempre uniformi.
Le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione – in un ricorso rinunciato dalle parti ma coltivato dalla Suprema Corte per l’interesse di diritto sottostante al caso – affrontano lo storico tema, costruendo per la prima volta un assetto ermeneutico onnicomprensivo e risolutivo.
Le argomentazioni delle Sezioni Unite riguardano non tanto la possibilità – non discussa – di costituire (cedere) la proprietà esclusiva di parte di condominio, bensì la definizione dell’ambito del cosiddetto diritto d’uso eslcusivo. Quanto alla cessione della vera e propria proprietà (avente valore erga omnes) sarà l’interprete a dover valutare ambigue formule al fine di ricercarne l’esatto significato, seppur talvolta “mascherato”.
Diritto reale di uso esclusivo non è diritto di proprietà
Con un riassunto esemplare le SS.UU. esplicitano che il diritto reale denominato «uso» previsto dall’art. 1021 c.c. (nel capo “Dell’uso e dell’abitazione”) è manifestazione del diritto, per il titolare, di servirsi di una cosa (e, se fruttifera, di raccoglierne i frutti) per quanto occorra ai bisogni suoi e della sua famiglia.
Inoltre, secondo l'articolo 1024 c.c., il diritto d'uso non si può cedere o dare in locazione, e la durata dello stesso, secondo l'articolo 979 c.c., richiamato dall'articolo 1026 c.c., non può eccedere la vita del titolare, se persona fisica, o trenta anni, se persona giuridica.
Ne deriva, scrivono le SS.UU., che, per lo più, la locuzione «uso esclusivo» attiene alla destinazione del bene, e non alla qualificazione del diritto, sussumibile entro l'ambito di applicazione dell'articolo 1021 c.c..
L'«uso» costituisce parte essenziale del contenuto intrinseco della comproprietà, come, ovviamente, di quello di proprietà, a tenore del dettato dell'articolo 832 c.c.. L'uso è cioè (non diritto, bensì) uno dei modi attraverso i quali può esercitarsi il diritto (di proprietà o di comproprietà), e forma parte intrinseca e caratterizzante, nucleo essenziale, del suo contenuto.
Va ricordato che parte della dottrina nega, tuttavia, che il diritto di uso esclusivo in ambito condominiale possa essere ricondotto al diritto reale d’uso di cui all’art. 1021 c.c. confermando la sua atipicità rispetto alle previsioni codicistiche.
Volendo, allora considerare l’articolo 1102 c.c. in materia di uso dei beni condominiali, pur dovendosi riconoscere la possibilità concessa dal codice civile di un utilizzo non paritario o turnario, il c.d. «diritto reale di uso esclusivo» va evidentemente a collocarsi al di là dell'osservanza della regola del «farne parimenti uso», seppur mitigata, appunto dalla possibilità di gradazione appena accennata.
Sulla non usucapibilità di parti comuni
Le SS.UU. ricordano che quasi univoca giurisprudenza afferma che i lastrici solari, necessari all'uso comune dell'edificio, del quale svolgono la funzione di copertura, non possono in generale essere usucapiti. Il condomino potrà avere l'uso esclusivo del calpestio del lastrico e dunque potrà usucapire il diritto di calpestio esclusivo.
Qui si crea una interessante similitudine, utilizzata dalle SS.UU., con il diritto reale di uso esclusivo.
Le SS.UU. si chiedono se la previsione dell’art. 1126 c.c. (utilizzo esclusivo del lastrico solare) costituisca una eccezione oppure possa essere effettuato un richiamo analogico al principio ivi espresso.
Come vediamo subito, la soluzione adottata è la prima, affermandosi che “l'articolo 1126 c.c., avuto riguardo ai menzionati principi, non si presta dunque a fungere da punto d'appoggio per la costruzione di un più ampio «diritto reale di uso esclusivo» delle parti comuni”.
Un diritto reale di godimento di uso esclusivo svuota il contenuto della comproprietà
Le Sezioni Unite concludono il lungo ragionamento negando la possibilità di costituire un diritto reale di godimento su una parte comune, e afferma:
“Un diritto reale di godimento di uso esclusivo, in capo ad un condomino, di una parte comune dell'edificio, privando gli altri condomini del relativo godimento, e cioè riservando ad essi un diritto di comproprietà svuotato del suo nucleo fondamentale, determinerebbe, invece, un radicale, strutturale snaturamento di tale diritto, non potendosi dubitare che il godimento sia un aspetto intrinseco della proprietà, come della comproprietà: salvo, naturalmente, che la separazione del godimento dalla proprietà non sia il frutto della creazione di un diritto reale di godimento normativamente previsto”.
Il diritto d’uso esclusivo non è servitù prediale
Nel prosieguo della disamina la Suprema Corte nega che il diritto reale di godimento sulla cosa comune possa costituire una forma di servitù prediale.
Anche in questa ipotesi l’argomento principe è il conseguente svuotamento del contenuto della comproprietà, affermandosi da parte delle SS.UU. che la costituzione di una utilità “ ... non può mai tradursi in un diritto di godimento generale del fondo servente, il che determinerebbe lo svuotamento della proprietà di esso, ancora una volta, nel suo nucleo fondamentale”. Citando propri precedenti ricorda che “ … la costituzione della servitù, concretandosi in un rapporto di assoggettamento tra due fondi, importa una restrizione delle facoltà di godimento del fondo servente, ma tale restrizione, se pur commisurata al contenuto ed al tipo della servitù, non può, tuttavia, risolversi nella totale elisione delle facoltà di godimento del fondo servente”.
Sulla atipicità del diritto esclusivo di uso su parte condominiale
La soluzione al quesito se possa crearsi un diritto reale atipico va data in relazione alla risposta alla domanda se venga riconosciuto dal nostro ordinamento il numerus clausus dei diritti reali e della tipicità di essi.
La soluzione che viene data si fonda sull’argomentazione che il diritto reale manifesta i propri effetti anche nei confronti dei terzi. In proposito la Corte cita come “la dottrina ha da assai lungo tempo evidenziato, l'articolo 1372 c.c., che limita gli effetti di esso alle parti, con la precisazione che solo la legge può contemplare la produzione di effetti rispetto ai terzi: escludendo così in radice che il contratto, se non sia la legge a stabilirlo, possa produrre effetti destinati a riflettersi nella sfera di soggetti estranei alla negoziazione”.
Conclude la Corte affermando, con un richiamo ad un proprio precedente, che “ … è da tener fermo che «il principio di tipicità legale necessaria dei diritti reali ... si traduce nella regola secondo cui i privati non possono creare figure di diritti reali al di fuori di quelle previste dalla legge, né possono modificarne il regime. Ciò comporta che i poteri che scaturiscono dal singolo diritto reale in favore del suo titolare sono quelli determinati dalla legge e non possono essere validamente modificati dagli interessati»”.
Sulla trascrivibilità del diritto esclusivo di uso
Fra le altre molteplici argomentazioni delle SS.UU. sulla impossibilità della creazione di un contratto reale atipico, citiamo il richiamo all'articolo 2643 c.c. il quale, si ricorda, contiene un'elencazione tassativa dei diritti reali soggetti a trascrizione, il che ineluttabilmente conferma trattarsi di numerus clausus.
Ricordando la Corte che “non ha cittadinanza nel diritto vigente una regola generale che faccia discendere dalla trascrizione … l'efficacia erga omnes di un diritto”, tuttavia, in ampliamento, “che il c.d. «diritto reale di uso esclusivo», … non sarebbe comunque trascrivibile, dal momento che l'articolo 2643 c.c. contempla al numero 14 la trascrizione delle sentenze, non degli atti negoziali, che operano la modificazione di precedentemente elencati dalla norma”.
Principio di diritto
In conclusione le Sezioni Unite esprimono il seguente principio di diritto:
«La pattuizione avente ad oggetto la creazione del c.d. "diritto reale di uso esclusivo" su una porzione di cortile condominiale, costituente come tale parte comune dell'edificio, mirando alla creazione di una figura atipica di diritto reale limitato, tale da incidere, privandolo di concreto contenuto, sul nucleo essenziale del diritto dei condomini di uso paritario della cosa comune, sancito dall'articolo 1102 c. c., è preclusa dal principio, insito nel sistema codicistico, del numerus clausus dei diritti reali e della tipicità di essi».
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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione SS.UU. civili Sentenza n. 28972 del 17/12/2020
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