Il vademecum del Tribunale di Milano per le clausole abusive e i decreti ingiuntivi
La redazione dei decreti ingiuntivi dopo le SS.UU. 4979/2023 oggetto di un Vademecum del Tribunale di Milano ai propri giudici. Le clausole abusive più frequentemente rilevate. Un modello di decreto ingiuntivo

Il Presidente del Tribunale di Milano ha inoltrato ai propri giudici un vademecum titolato “vademecum per il giudice del monitorio sulle clausole abusive nei contratti consumeristici alla luce di Cass. civ. SS.UU. n. 4979/2023”
Come è noto la Sentenza delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione num. 9479 e pubblicata il 6 aprile 2023 ha rivoluzionato, a favore del consumatore, il regime di opponibilità del decreto ingiuntivo non opposto. E ciò qualora il decreto per ingiunzione sia stato emesso senza una valutazione sulla competenza del giudice del monitorio in relazione ad eventuale clausola vessatoria abusiva (nel caso di specie era derogatoria della competenza del consumatore) presente nel contratto concluso con il professionista.
Le Sezioni Unite, con la citata sentenza, portavano nel nostro ordinamento la giurisprudenza della CGEU secondo la quale non potrebbe parlarsi di vero giudicato sceso su di un provvedimento privo dell’analisi dei diritti del consumatore in materia di clausole abusive.
Scriveva la Corte che “ l’inattività del giudice del procedimento monitorio, ove non rimediabile in una sede successiva (si veda anche la citata sentenza EOS KSI e, segnatamente, la sentenza in C-600/19, Ibercaja Banco, del 17.5.2022), impedirebbe definitivamente di colmare proprio nel processo quel dislivello sostanziale esistente tra i contraenti, facendo gravare la violazione dell’obbligo del rilievo officioso della abusività della clausola negoziale sul consumatore, sebbene questi sia rimasto privo di tutte le “informazioni” che gli sono dovute per porlo in condizione di determinare la portata dei suoi diritti (cfr. le citate sentenze Banco Español de Crédito ed EOS KSI, nonché CGUE, sentenza 18.2.2016, in C-49/14, Finanmadrid) al fine di poter esercitare, per la prima volta, la propria difesa in sede di opposizione al decreto ingiuntivo “con piena cognizione di causa ... la decisione adottata, sebbene non fatta oggetto di opposizione, è comunque insuscettibile di dar luogo alla formazione, stabile e intangibile, di un giudicato, così da consentire anche nella contigua sede esecutiva, dove si procede per l’attuazione del diritto accertato, una riattivazione del contraddittorio impedito sulla questione pregiudiziale pretermessa”.
Aggiungeva la Corte che secondo la giurisprudenza della CGUE il giudice nazionale è tenuto ad esaminare d’ufficio la natura abusiva di una clausola contrattuale, connessa all’oggetto della controversia, purché gli elementi di diritto e di fatto già in suo possesso suscitino seri dubbi al riguardo, dovendo, quindi, adottare d’ufficio misure istruttorie necessarie per completare il fascicolo, chiedendo alle parti di fornirgli informazioni aggiuntive a tale scopo.
La mancata osservanza di tali precauzioni posticipa il giudicato e porta alla possibilità di eccepire il titolo, e quindi opporsi al decreto ingiuntivo, anche oltre i termini di legge, finanche alla fase esecutiva.
Concludeva, la Corte a Sezioni Unite, esprimendo un lunghissimo ed articolato principio di diritto nel seguente modo:
Fase monitoria
Il giudice del monitorio:
a) deve svolgere, d’ufficio, il controllo sull’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto stipulato tra professionista e consumatore in relazione all’oggetto della controversia;
b) a tal fine procede in base agli elementi di fatto e di diritto in suo possesso, integrabili, ai sensi dell’art. 640 c.p.c., con il potere istruttorio d’ufficio, da esercitarsi in armonia con la struttura e funzione del procedimento d’ingiunzione:
b.1.) potrà, quindi, chiedere al ricorrente di produrre il contratto e di fornire gli eventuali chiarimenti necessari anche in ordine alla qualifica di consumatore del debitore;
b.2) ove l’accertamento si presenti complesso, non potendo egli far ricorso ad un’istruttoria eccedente la funzione e la finalità del procedimento (ad es. disporre c.t.u.), dovrà rigettare l’istanza d’ingiunzione;
c) all’esito del controllo:Corte di Cassazione - copia non ufficiale 41 di 42
c.1) se rileva l’abusività della clausola, ne trarrà le conseguenze in ordine al rigetto o all’accoglimento parziale del ricorso;
c.2) se, invece, il controllo sull’abusività delle clausole incidenti sul credito azionato in via monitoria desse esito negativo, pronuncerà decreto motivato, ai sensi dell’art. 641 c.p.c., anche in relazione alla anzidetta effettuata delibazione;
c.3) il decreto ingiuntivo conterrà l’avvertimento indicato dall’art. 641 c.p.c., nonché l’espresso avvertimento che in mancanza di opposizione il debitore-consumatore non potrà più far valere l’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto e il decreto non opposto diventerà irrevocabile.
Fase esecutiva
Il giudice dell’esecuzione:
a) in assenza di motivazione del decreto ingiuntivo in riferimento al profilo dell’abusività delle clausole, ha il dovere – da esercitarsi sino al momento della vendita o dell’assegnazione del bene o del credito - di controllare la presenza di eventuali clausole abusive che abbiano effetti sull’esistenza e/o sull’entità del credito oggetto del decreto ingiuntivo;
b) ove tale controllo non sia possibile in base agli elementi di diritto e fatto già in atti, dovrà provvedere, nelle forme proprie del processo esecutivo, ad una sommaria istruttoria funzionale a tal fine;
c) dell’esito di tale controllo sull’eventuale carattere abusivo delle clausole – sia positivo, che negativo - informerà le parti e avviserà il debitore esecutato che entro 40 giorni può proporre opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 650 c.p.c. per fare accertare (solo ed esclusivamente) l’eventuale abusività delle clausole, con effetti sull’emesso decreto ingiuntivo;
d) fino alle determinazioni del giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 649 c.p.c., non procederà alla vendita o all’assegnazione del bene o del credito;
e) se il debitore ha proposto opposizione all’esecuzione ex art. 615, primo comma, c.p.c., al fine di far valere l’abusività delle clausole del contratto fonte del credito ingiunto, il giudice adito la riqualificherà in termini di opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. e rimetterà la decisione al giudice di questa (translatio iudicii);
f) se il debitore ha proposto un’opposizione esecutiva per far valere l’abusività di una clausola, il giudice darà termine di 40 giorni per proporre l’opposizione tardiva - se del caso rilevando l’abusività di altra clausola – e non procederà alla vendita o all’assegnazione del bene o del credito sino alle determinazioni del giudice dell’opposizione tardiva sull’istanza ex art. 649 c.p.c. del debitore consumatore.
Fase di cognizione
Il giudice dell’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c.:
a) una volta investito dell’opposizione (solo ed esclusivamente sul profilo di abusività delle clausole contrattuali), avrà il potere di sospendere, ex art. 649 c.p.c., l’esecutorietà del decreto ingiuntivo, in tutto o in parte, a seconda degli effetti che l’accertamento sull’abusività delle clausole potrebbe comportare sul titolo giudiziale;
b) procederà, quindi, secondo le forme di rito.
Le problematiche applicative di tale principio di diritto sono affrontate nel Vademecum del Tribunale di Milano.
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Di seguito il testo di
VADEMECUM PER IL GIUDICE DEL MONITORIO SULLE CLAUSOLE ABUSIVE NEI CONTRATTI CONSUMERISTICI ALLA LUCE DI CASS. CIV. SSUU N. 4979/2023
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza 6 aprile 2023, n. 9479), conformandosi alle pronunce della Corte di Giustizia del 17.05.2022 (rese in cause riunite C-693/19 e C-831/19, SPV Project e Banco di Desio, in causa C-600/19 Ibercaja Banco Sa, in causa C-725/19 Io c. Impuls Leasing e in causa C-869/19 L. c. Unicaja Banco) ha sostanzialmente disposto un vero e proprio "vademecum" per i giudici di cognizione e della fase di esecuzione, prevedendo in estrema sintesi che:
a) nella fase monitoria il giudice deve svolgere, d’ufficio, il controllo sull’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto stipulato tra professionista e consumatore in relazione all’oggetto della controversia, con relativo potere di impulso ai fini della richiesta del contratto medesimo nonché di eventuali chiarimenti, a1 fine di verificare la sussistenza dell’abusività di clausole a danno del consumatore, con le relative conseguenze;
b) nella fase esecutiva, in assenza di motivazione del decreto ingiuntivo in riferimento al profilo dell’abusività delle clausole, il giudice avrà il dovere - da esercitarsi sino a1 momento della vendita o dell'assegnazione del bene o del credito - di controllare la presenza di eventuali clausole abusive che abbiano effetti sull’esistenza e/o sull’entità del credito oggetto del decreto ingiuntivo e di avvisare il debitore esecutato che entro 40 giorni potrà proporre opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 650 c.p.c. per far accertare (solo ed esclusivamente) l’eventuale abusività delle clausole, con effetti sull’emesso decreto ingiuntivo.
Tale pronuncia impone pertanto sia ai giudici della cognizione per la fase monitoria sia ai giudici dell’esecuzione l’esame delle clausole contenute nei contratti stipulati con il consumatore, peraltro riguardanti trasversalmente un numero indeterminato di materie (diritto bancario, vendita di beni di consumo, appalti, somministrazione, ecc.).
Alla luce dei principi esposti nelle citate sentenze della Corte di Giustizia e della Corte di Cassazione SS.UU. n. 9479 del 6.04.2023, discende dunque la necessità del controllo ufficioso da parte del Giudice del monitorio della vessatorietà della clausole poste a fondamento del credito preteso contro un consumatore, al fine di conformarsi al diritto euro-unitario ed evitare così la pronuncia di titoli che - se non opposti - causino la sospensione del processo esecutivo con avvio di opposizione tardiva, con grave compromissione degli obiettivi di speditezza e razionalità della giurisdizione, a tacere di possibili profili risarcitori e disciplinari.
In ragione del tecnicismo spesso necessario per svolgere tali ufficiose verifiche di vessatorietà delle clausole, soprattutto in talune materie, ad es. quella bancaria, il Presidente del Tribunale, all’esito di riunione con i Presidenti delle sezioni che si occupano per competenza tabellare di contratti consumeristici (sezioni III, IV, V, VI, VII, XI e XIII) e con alcuni giudici di pace, ha costituito un gruppo di lavoro (composto dal Presidente delegato per il civile, dott. Claudio Marangoni, dai giudici dottori Nicola Fascilla, Ilaria Gentile, Simonetta Scirpo, Ambra Tombesi e Caterina Trentini e dal GOP dott. Claudio Bacherini), con il compito di raccogliere dalle sopra indicate sezioni i principali orientamenti sul tema e elaborare un documento di sintesi, diretto a fornire un ausilio ai giudici del monitorio nel compimento di tale doveroso controllo di vessatorietà.
Il presente contributo evidentemente non è rivolto a dare direttive o indicazioni vincolanti ai giudici in merito all’effettiva abusività o meno delle clausole segnalate né intende sostituire la valutazione ed il convincimento del singolo giudice in merito alla eventuale nullità delle clausole, bensì - più limitatamente - si propone di fornire i giudici gli strumenti per consentire in maniera veloce e consapevole di eseguire preventivamente in sede monitoria un controllo efficace e diretto in merito ai profili suscettibili di fornire indizi di abusività su singole clausole presenti nei contratti conclusi con consumatori.
All’esito dell’interlocuzione con le sopra menzionate Sezioni civili, il Gruppo di lavoro ha dunque elaborato il presente documento.
Individuazione ambito soggettivo
In ipotesi di ricorsi monitori diretti contro una persona fisica, è necessario che il Giudice del monitorio si interroghi, e poi motivi nel decreto ingiuntivo, se il contratto posto a fondamento della pretesa sia di tipo consumeristico ai sensi del Codice del consumo.
All’uopo, un utile indice di discernimento condiviso da molti giudici è l’indicazione nel ricorso monitorio e/o nelle fatture azionate (ove le stesse siano allegate al ricorso) del numero di partita Iva della persona fisica che si chiede di ingiungere.
In ogni caso, ove nel ricorso manchino allegazioni su questa circostanza, è opportuno che il Giudice del monitorio - avvalendosi dello strumento di cui all’art. 640 c.p.c. - chieda al ricorrente di precisare e provare questo aspetto, producendo il contratto e, ove il ricorrente sostenga trattarsi di imprenditore individuale, la visura camerale del medesimo.
Come noto, a mente dell’art. 3 Codice del consumo la circostanza che la persona fisica da ingiungere svolga attività di impresa/commerciale/professionale non consente di escludere a priori che la persona abbia stipulato il contratto per finalità estranee all’impresa/attività professionale/commerciale esercitata, e quindi sia un consumatore, dovendo dunque il Giudice del monitorio avere riguardo - al fine di verificare se il credito sia fondato su contratto concluso con consumatore - anche alla natura e all’oggetto del contratto.
Giova, quanto al perimetro soggettivo, ricordare che secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità il condominio è un consumatore (ex multis: Cass. 22.05.2015 n. 10679) e che, secondo la CGUE e la Corte di legittimità, anche il fideiussore persona fisica del credito di un’impresa può essere reputato consumatore, in particolare nell’ipotesi in cui il credito garantito sia riferibile a un’impresa a cui il fideiussore è estraneo, in talune pronunce essendo stato reputato estraneo alla società di capitali garantita anche il socio di minoranza della stessa (CGUE 19.11.2015 in C-74/15 Tarcau e Cass. 18.02.2022 n. 5423; Cass. 16.01.2020 n. 742; Cass. 13.12.2018 n. 32225).
Nei casi dubbi, appare consigliabile in via prudenziale comunque svolgere il controllo di vessatorietà delle clausole, considerata l’obbligatorietà del detto controllo nei contratti con il consumatore e il tipo di rimedio inaudita altera parte scelto unilateralmente dal professionista preteso creditore.
Competenza per territorio
Come è noto, alla luce della consolidata giurisprudenza di legittimità, il foro del consumatore prevale non solo sul foro convenzionale (e quindi sulla clausola di deroga della competenza per territorio) ma anche sui criteri di radicamento della competenza per territorio previsti dal codice di rito e dalle leggi speciali (Cass. SS.UU. 1^.10.2003 n. 14669; conf.: Cass. 15.03.2022 n. 8406; Cass. 11.11.2021 n. 33439; Cass. 19.04.2021 n. 10278; Cass. 28.05.2019 n. 14475; Cass. 12.03.2014 n. 5703; Cass. 8.07.2015 n. 14287; Cass. 9.06.2011 n. 12685; Cass. 26.04.2010 n. 9922; Cass. 23.02.2007 n. 4208; Cass. 11.01.2007 n. 377; Cass. 5.08.2005 n. 16574).
Giova ricordare che per “foro del consumatore” si intende il luogo di residenza/domicilio del consumatore al momento della domanda e non quello alla data di stipulazione del contratto (Cass. n. 11389/2018; conf.: Cass. n. 18523/2016).
Da quanto precede, risulta consigliabile che non appena il Giudice del monitorio verifica che si tratta di ricorso contro un consumatore, che si verifichi subito la propria competenza per territorio, richiedendo al ricorrente ex art. 640 c.p.c. il certificato di residenza della persona fisica consumatore destinatario della domanda ingiuntiva e declinando la decisione se il consumatore risiede nel circondario di altri Tribunali.
Nell’ipotesi, frequente nel caso del fideiussore, di ricorso proposto contro più soggetti di cui uno solo sia un consumatore, il Giudice del monitorio potrà accogliere il ricorso, se sussistono la competenza e i presupposti di legge, verso la società debitrice garantita e i fideiussori non consumatori e rigettarlo limitatamente al fideiussore consumatore, ove questi risieda alla data della domanda nel circondario di un altro Tribunale.
Verifica di vessatorietà su clausole specifiche e conseguenti oneri assertivi del Ricorrente
Il Giudice del monitorio non è tenuto a disaminare tutte le clausole contenute nel contratto concluso con il consumatore, ma solo quelle su cui si fonda il credito azionato in giudizio (CGUE, 11 marzo 2020, causa C-511/17, Györgyné Lintner; Cass. 9479/2023 pag. 26 e ss):
risulta di conseguenza necessario che a monte il ricorrente indichi nel ricorso su quali clausole si fonda il credito preteso in via monitoria.
Atteso che allo stato nella gran parte dei ricorsi monitori - tralatiziamente - non viene fornita questa indicazione, è necessario che il ricorrente proceda alla relativa precisazione assertiva, a seguito di richiesta del Giudice del monitorio ex art. 640 c.p.c.. Giova fare presente come dall’interlocuzione con le Sezioni interessate sia emerso che - laddove il ricorso non indichi neanche la causa petendi - diversi giudici reputano di non poter procedere alla richiesta di integrazione, per violazione del combinato disposto degli artt. 638 e 125 c.p.c. e del principio del contraddittorio (atteso che l’ingiunto che riceve la notificazione del ricorso e del decreto, non è posto in grado di comprendere a quale rapporto contrattuale si riferisca il titolo ingiuntivo).
In definitiva, in ipotesi di contratto concluso con il consumatore, la regola probatoria di cui all’art. 634 c.p.c. deve essere intesa - alla luce della sopravvenuta sentenza SS.UU. 9479/2023 - nel senso che, pur risultando sufficienti i documenti indicati nella menzionata disposizione ai fini della prova del quantum del credito, è comunque necessario che il Giudice verifichi a monte che le clausole che fondano la pretesa creditoria (per corrispettivo, per penale o interessi di mora, per oneri accessori, ecc.) non siano abusive: in tale caso, difatti, il credito non sussiste a monte in punto di an debeatur, atteso che la clausola abusiva è inopponibile al consumatore e di conseguenza il credito, ancorché fatturato dal professionista e assistito da estratto autentico dei libri contabili/tributari del creditore, non può ricevere tutela giurisdizionale monitoria, con conseguente diniego del ricorso.
Ove il Ricorrente non ottemperi alle richieste ex art. 640 c.p.c. del Giudice, così non consentendo il doveroso controllo di vessatorietà, non sembra possibile poter emettere il decreto ingiuntivo. Nell’ipotesi, non rara, in cui il Ricorrente dichiari che non vi è un contratto scritto, ne discenderà che potrà azionare - con prova ex art. 634 c.p.c. ovvero opinamento dell’Ordine professionale ove applicabile la relativa previsione - unicamente il corrispettivo per beni/servizi resi e gli interessi al tasso legale.
Clausole abusive più frequentemente rilevate
Il Gruppo di lavoro riporta qui le clausole che più frequentemente - secondo l’esperienza delle Sezioni civili che tabellarmente si occupano di contratti con i consumatori - sono state ritenute abusive, con l’avvertenza che l’elenco non è affatto esaustivo, anche per la difficoltà di reperire ex post i relativi provvedimenti:
1) clausola derogativa di competenza o di giurisdizione: la clausola viola l’art. 1 lettera t) dell’allegato alla direttiva n. 93/13/CEE e l’art. 33 co. 2 lett. u) del Codice del consumo;
2) clausola penale di importo manifestamente eccessivo in caso di inadempimento del consumatore: la clausola viola l’art. 1 lettera e) dell’allegato alla direttiva n. 93/13/CEE e l’art. 33 co. 2 lett. f) del Codice del consumo;
3) clausola che prevede interessi di mora da ritardo nel pagamento di obbligazioni pecuniarie ad un tasso manifestamente eccessivo: si tratta di una frequente declinazione pratica della clausola penale di cui al punto 2; in punto di determinazione di quale sia il tasso di mora convenzionale “manifestamente eccessivo”, premesso che ai sensi dell’art. 4 dir. n. 93/13/CEE “il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende”, si sono registrati nelle varie sezioni civili plurimi orientamenti giurisprudenziali; è opportuno segnalare che si è rilevata una apprezzabile convergenza sul fatto che possa reputarsi “manifestamente eccessivo” il tasso di mora convenzionale pari o superiore al tasso di cui al d. lgs 231/2002; questo parametro tuttavia non risulta sempre applicabile, in particolare per quei contratti bancari nei quali i tassi corrispettivi sono generalmente superiori al tasso di cui al d.lgs 231/2002 (ad es. carte di credito revolving): in tali casi, è opportuno che la valutazione di vessatorietà della clausola che prevede il tasso convenzionale di mora tenga conto quale parametro di riferimento del tasso corrispettivo previsto nel contratto; giova segnalare che, come è noto, secondo la CGUE in ipotesi di nullità parziale di singola clausola abusiva, il Giudice non procede a sostituzione della clausola abusiva con eterointegrazione in ragione della ratio deterrente della nullità (CGUE 14.06.2012 in C-618/10 Banco Español de Crédito; CGUE 18.11.2021 in C-212/20 A. c. S.A.; CGUE 12.01.2023 in C-395/2023 in D.V. c. M.A.); di conseguenza, ove il Giudice del monitorio ritenga la nullità parziale della clausola vessatoria sugli interessi di mora, non riconosce interessi al tasso legale;
4) la clausola che prevede, in ipotesi di intimazione della risoluzione di diritto da parte del professionista per inadempimento del consumatore previsto da clausola risolutiva espressa, che il consumatore sia tenuto a pagare a titolo di penale un importo pari a quello che avrebbe versato come corrispettivo se il contratto non fosse stato dichiarato risolto: anche questa ipotesi è stata reputata dai giudici una clausola penale “manifestamente eccessiva”, in violazione dell’art. 1 lettera e) dell’allegato alla direttiva n. 93/13/CEE e dell’art. 33 co. 2 lett. f) del Codice del consumo;
5) clausola che prevede, in contratti di durata (ad es. mutuo), la decadenza del consumatore dal beneficio del termine, in ipotesi di inadempimento anche di una sola rata o simili: la clausola viola l’art. 33 co. 2 lett. o) del Codice del consumo (cfr. CGUE Aziz 14.03.2015 in C-415/11);
6) clausola che prevede a carico del consumatore l’obbligazione di pagare il compenso del professionista con tariffa oraria, senza che sia indicato l’impegno orario prevedibile o sia almeno determinato un importo/monte orario massimo: la clausola viola gli art. 1 lettera l) dell’allegato alla direttiva n. 93/13/CEE e l’art. 33 co. 2 lett. n) del Codice del consumo; si ricorda che secondo la CGUE - ove la vessatorietà concerna una clausola senza la quale il contratto sarebbe integralmente nullo (come quando la clausola riguarda la prestazione principale di uno o entrambi i contraenti) e tale nullità integrale del contratto sia pregiudizievole per il consumatore - allora è possibile l’eterointegrazione da parte del Giudice, ad esempio ricorrendo a parametri tariffari normativi (CGUE 12.01.2023 in C-395/2023 in D.V. c. M.A.).
Stante la varietà delle clausole abusive, la difficoltà di reperire i provvedimenti giurisdizionali che abbiano rilevato la vessatorietà di singole clausole e con l’obiettivo di incrementare nel prosieguo il “censimento” delle clausole reputate vessatorie al fine di un controllo di vessatorietà sempre più rapido e agevole oltre che omogeneo e prevedibile nell’ambito dello stesso Ufficio giudiziario, si invitano i giudici a collaborare alla ricerca: in particolare, si chiede al giudice che in sentenza/ordinanza decisoria/decreto di rigetto di ricorso monitorio abbia rilevato la vessatorietà di una clausola, a segnalarlo via mail alla Segreteria Magistrati oppure al referente del gruppo di studio sulle clausole abusive, dott.ssa Ilaria Gentile.
Modello
Come sancito dalla CGUE nelle sentenze gemelle del 17.05.2022 e dalla Cass. SS.UU. n. 9479/2023, lo svolgimento e l’esito del controllo di vessatorietà deve essere esplicitato dal Giudice del monitorio nel decreto ingiuntivo con motivazione succinta. Il Giudice del monitorio deve dunque motivare sulle verifiche svolte in ordine alla natura o meno di contratto consumeristico e, se si tratta di contratto consumeristico, in ordine a quali clausole fondino il credito e sul perché non siano state reputate vessatorie; ove solo talune clausole tra le molteplici poste a fondamento della pretesa siano vessatorie se ne darà conto nella motivazione, con conseguente espunzione dal quantum ingiunto della quota del credito azionato che si fonda su clausola vessatoria.
Inoltre, il Giudice del monitorio è tenuto ad avvisare il consumatore che se non propone opposizione nel termine di legge, decadrà dalla facoltà di far valere l’abusività delle clausole poste a fondamento della pretesa creditoria.
Si reputa utile quindi proporre ai giudici un modello di decreto ingiuntivo emesso a carico di un consumatore, che è stato integrato secondo le indicazioni della sentenza della Corte di Cassazione n. 9479 del 6.04.2023 e altresì con quanto previsto dall’art. 17 Reg. n. 805/2004 in materia di titolo esecutivo europeo.
Si sottolinea altresì che l’utilizzazione di tali modelli – o comunque di modelli dai quali risulti espressamente il controllo già eseguito dal giudice in sede di rilascio del decreto ingiuntivo – consente di rendere estremamente più agevole l’attività da svolgersi da parte del giudice dell’esecuzione ed anche del giudice dell’opposizione ex art. 650 c.p.c., interessato in caso di mancato esame preventivo della presenza di clausole abusive.
Si reputa utile segnalare infine ai colleghi alcuni link utili al reperimento sia dei documenti formati dalla Commissione europea che per la ricerca della giurisprudenza europea:
https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52019XC0927(01)
http://www.eurojusitalia.eu/
Milano, 21.07.2023
N. R.G. $$numero_ruolo$$/$$anno_ruolo$$
TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO
DECRETO INGIUNTIVO TELEMATICO
Il Giudice dott. $$nome_giudice$$ $$cognome_giudice$$,
letto il ricorso per la concessione di decreto ingiuntivo depositato da
@@ingiungente@@
rilevato che
- il credito preteso si fonda su un contratto concluso con consumatore;
- il consumatore risulta avere residenza nel circondario di questo Tribunale, onde risulta rispettato il foro del consumatore;
- dai documenti prodotti il credito risulta certo, liquido ed esigibile;
- in particolare, il credito si fonda sulle clausole e tali clausole non risultano abusive perché ;
- sussistono, pertanto, le condizioni previste dagli artt. 633 e ss c.p.c.;
- occorre procedere agli avvertimenti di cui alla sentenza Cassazione SS.UU. del 6.04.2023 n.
9479;
INGIUNGE A
@@ingiunto@@
di pagare alla parte ricorrente per le causali di cui al ricorso, nel termine di 40 (quaranta) giorni
dalla ricezione della notifica del ricorso monitorio e del presente decreto ingiuntivo:
1. la somma di € $$Importo$$ per sorte capitale;
2. gli interessi di mora al tasso dal al saldo;
3. le spese di questa procedura di ingiunzione, liquidate in € $$Onorari$$ per compensi, in € $$Spese$$ per spese, oltre 15% ex art. 2 comma 2 DM 55/14, CPA e IVA sulle somme imponibili, se non detraibile dalla parte vittoriosa ed oltre alle successive occorrende;
AVVERTE
la parte ingiunta che:
- ha diritto di proporre opposizione contro il presente decreto ingiuntivo avanti questo Tribunale, nello stesso termine perentorio di cui sopra, con l’assistenza necessaria di un difensore;
- sussistendo i presupposti di legge, può presentare istanza per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato;
- in difetto di opposizione, il decreto ingiuntivo diventerà esecutivo e definitivo e la persona ingiunta consumatore decadrà dalla possibilità di contestare la vessatorietà delle clausole indicate in motivazione.
Milano, 11 settembre 2023
Il Giudice
dott. $$nome_giudice$$ $$cognome_giudice$$