Forma di impugnazione delle delibere assembleari

Secondo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, le delibere assembleari vanno impugnate con un atto di citazione. Ma tutto sommato va bene anche il ricorso.

Forma di impugnazione delle delibere assembleari

Chiamate a risolvere un lungo contrasto giurisprudenziale sul punto, le Sezioni Unite sono intervenute a specificare e a chiarire una questione riguardante la forma dell'atto di impugnazione delle delibere condominiali. Si tratta della sentenza 1 marzo – 14 aprile 2011, n. 8491.
La problematica nasce dal disposto testuale dell'art. 1137 c.c. che, ai commi 2 e 3, afferma espressamente la possibilità, per il condomino dissenziente, di fare "ricorso" all'autorità giudiziaria contro le deliberazioni dell'assemblea condominiale; ricorso che va proposto, a pena di decadenza, entro 30 giorni dalla data della deliberazione per i dissenzienti e dalla data di comunicazione per gli assenti.

Ritiene il collegio che l’art. 1137 c.c. non disciplini la forma che deve assumere l’atto introduttivo dei giudizi di cui si tratta. La Corte di Cassazione ribadisce il concetto affermando che "non è quindi significativo l’argomento lessicale, che viene ricavato dal testo dell’art. 1137 c.c., nel quale il termine “ricorso” è impiegato nel senso generico di istanza giudiziale, che si ha facoltà di proporre per ottenere l’annullamento delle deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio". Quindi, tolto rilievo al termine normativo "ricorso", le modalità di introduzione del giudizio saranno quelle ordinarie.
Così, infatti, si esprime la Cassazione: "Poiché dunque la norma in considerazione si limita a consentire ai dissenzienti e agli assenti di agire in giudizio, per contestare la conformità alla legge o al regolamento di condominio delle decisioni adottate dall’assemblea, ma nulla dispone in ordine alle relative modalità, queste vanno individuate alla stregua della generale previsione dell’art. 163 c.p.c., secondo cui “la domanda si propone mediante citazione

La nuova impostazione trova anche una giustificazione nella maggior razionalità del costrutto. Continua la Suprema Corte: "Si evita così anche la discrasia, cui la contraria opinione da luogo, tra le azioni di annullamento e quelle di nullità delle deliberazioni condominiali, in quanto unanimemente soltanto alle prime si ritiene applicabile l’art. 1137 c.c. (v., tra le altre, Cass. 19 marzo 2010 n. 6714), sicché nei due casi le domande dovrebbero essere proposte in forme diverse, anche quando si impugna una stessa deliberazione e si deduce che è affetta da vizi che ne comportano sia la nullità sia l’annullamento".
Analogamente, per fini di economicità, va risolta la questione se, una volta proposta impropriamente con ricorso anziché con citazione, l'impugnazione possa essere ritenuta ugualmente valida e se a questo fine sia sufficiente che entro i trenta giorni stabiliti dall’art. 1137 c.c. l’atto venga presentato al giudice, e non anche notificato. A fronte di tale problema la Cassazione dichiara che "a entrambi i quesiti va data risposta affermativa, in quanto l’adozione della forma del ricorso non esclude l’idoneità al raggiungimento dello scopo di costituire il rapporto processuale, che sorge già mediante il tempestivo deposito in cancelleria, mentre estendere alla notificazione la necessità del rispetto del termine non risponde ad alcuno specifico e concreto interesse del convenuto".

 

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