Europa e assunzione degli insegnanti precari

Contratti a termine per docenti statali e personale ATA. L'ammonimento della Corte di Giustizia dell'UE con la sentenza del 26 novembre 2014

- di CdL Gianna Elena De Filippis
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Europa e assunzione degli insegnanti precari

Il 26 novembre 2014 la Corte di Giustizia UE, con sede in Lussemburgo, ha emesso una sentenza di forte spessore sul piano delle garanzie dei docenti statali ed ATA (personale amministrativo, tecnico ed ausiliario) della scuola pubblica italiana. Si auspica, a tal punto, una attuazione concreta, decisa e immediata.

L’oggetto della pronuncia riguarda la conformità del sistema di successione dei contratti a termine stipulati per anni con il personale docente ed ATA ai vincoli europei contenuti nell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato del 18 marzo 1999 e correlate direttive.

Il quadro normativo europeo ha puntato, tra gli altri, a creare i presupposti per prevenire abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato quale fattore scatenante di una scarsa qualità del lavoro e della vita in generale dei lavoratori interessati.

La sentenza in commento nasce da domande di pronuncia pregiudiziale presentate nell’ambito di controversie insorte tra dipendenti di scuole pubbliche e il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e il comune di Napoli (per dipendenti di asili nido comunali).

In Italia, il ricorso a contratti a tempo determinato nel settore pubblico è disciplinato dal decreto legislativo del 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. L’articolo 36, comma 5, del citato decreto dispone che “In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative (…)”.

Il pubblico impiego resta, nella sua generalità, soggetto anche al d.lgs. n. 368/2001. Fanno eccezione, purtroppo, per esplicita disposizione normativa, il personale docente in supplenza e il personale ATA. Resta, inoltre, l’eccezione relativa all’applicazione dell’articolo 5, comma 4 bis, sulla conversione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato al superamento dei 36 mesi comprensivi di proroghe e rinnovi e indipendentemente dalle interruzioni tra un contratto e l’altro.

La legge n. 124/1999 disciplina, poi, il rapporto di lavoro del personale dipendente della scuola statale; detta legge non si applica, invece, al personale dipendente della scuola comunale, che resta disciplinato dai d.lgs. n. 165/2001 e n. 368/2001.

In particolare, l’articolo 4 della legge n. 124/1999 statuisce che per la copertura delle cattedre si provvede con supplenze annuali, in attesa di espletamento di procedure concorsuali per assumere personale docente di ruolo, provvedendosi, fino ad allora, con supplenze temporanee.

A fronte di questo fenomeno ultradecennale di successione di contratti a termine nel comparto scuola, è stata avanzata da alcuni pubblici dipendenti del settore istanza giudiziale per ottenere la trasformazione dei propri contratti di supplenza temporanea in contratti a tempo indeterminato, con immissione in ruolo, nonché il pagamento degli stipendi dei periodi di interruzione, il risarcimento dei danni subiti, il riconoscimento dell’anzianità di servizio.

A fronte di tale prassi abusata, tuttavia, la legge italiana non prevede nessuna misura sanzionatoria a riguardo.

La sentenza dello scorso 26 novembre 2014 chiarisce finalmente importantissimi punti nevralgici dell’argomento e si attende un adeguamento interno immediato.

Innanzitutto, la sentenza in commento chiarisce che l’Accordo quadro europeo del 18 marzo 1999 non distingue i lavoratori a tempo determinato in base al settore di attività, restando applicabili, a tutti ed in via generalizzata, tutti i principi in esso contenuti. E’, pertanto - scrive la Corte - assolutamente inopportuno ed infondato escludere il settore dell’insegnamento pubblico dalle disposizioni dell’Accordo quadro che puntano proprio a limitare il ricorso abusivo ai contratti a tempo determinato per garantire maggiore certezza del diritto per tutti.

Configurandosi, oggettivamente, un abuso, bisogna potere applicare una misura sanzionatoria corrispettiva a tutela dei lavoratori coinvolti, sanzione oggi non menzionata nelle norme.

In Italia, ad oggi, la normativa consente di assumere docenti con contratti a tempo determinato per conferire incarichi di supplenza ma non prevede, tra gli altri, inoltre, una durata massima totale di questi incarichi temporanei o il numero dei loro rinnovi.

In aggiunta, aspetto non meno importante, a prescindere dalla novella normativa italiana sul contratto a termine acausale, l’Accordo quadro stabilisce la necessità di indicare ragioni circostanziate, precise e concrete a giustificare l’apposizione del termine al contratto di lavoro. Queste ragioni non sono mai di fatto individuate nella normativa italiana sulla scuola, la quale, al contrario, dispone in via generalizzata ed astratta, della possibilità di ricorrere alla successione di contratti a tempo determinato sine die non essendoci alcuna certezza sulla data di svolgimento delle procedure concorsuali di stabilizzazione del personale interessato. Si è, infatti, verificato il ricorso ai contratti a termine per soddisfare esigenze permanenti e durevoli nelle scuole statali e non esigenze temporanee e provvisorie, riferite ad un periodo certo e definito. Del resto, tra il 2000 e il 2011 non è stato mai organizzato un concorso in tal senso!

Ciò adducendo, la Corte, innanzitutto, conclude constatando che la normativa italiana vigente in questo settore del pubblico impiego non prevede alcuna reale misura di prevenzione del ricorso abusivo alla successione dei contratti di lavoro a tempo determinato e, quindi, viola palesemente i vincoli europei.

In secondo luogo, la Corte constata l’assenza di un diritto al risarcimento del danno subito dai docenti e collaboratori ATA temporanei. Essendo, inoltre, la sanzione della trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato una sanzione possibile ma attualmente ancora aleatoria in Italia per impossibilità economica-finanziaria di immissione in ruolo di tanti dipendenti per l’incertezza della data di svolgimento di un eventuale concorso, la Corte afferma che l’ordinamento italiano non risulta conforme ai requisiti richiesti dal quadro normativo europeo neanche in merito alla sanzione applicabile.

Così argomentando, la Corte di Lussemburgo (Terza Sezione), dichiara che l’attuale normativa italiana in materia, fatte salve le necessarie verifiche da parte dei giudici nazionali (del rinvio), da un lato, non consente di definire criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di tali contratti risponda effettivamente ad un’esigenza reale, se sia idoneo a conseguire l’obiettivo perseguito e se sia necessario a tal fine, e, dall’altro, non prevede nessun’altra misura diretta a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato.

Si rammenta che le sentenze pregiudiziali della Corte di Giustizia Europea del Lussemburgo hanno efficacia vincolante endo-processuale per i giudici italiani del rinvio e vincolano anche i giudici di grado superiore chiamati a decidere sul medesimo caso. L’eventuale rifiuto del giudice nazionale a conformare la propria decisione alla pregiudiziale europea può determinare l’avvio di una procedura di infrazione.

Dal punto di vista extra-processuale, le medesime sentenze hanno una efficacia dichiarativa ed interpretativa con efficacia vincolante erga omnes, cioè hanno efficacia vincolante per tutti i possibili nuovi processi vertenti sul medesimo oggetto. Ciò soprattutto a garantire una applicazione omogenea ed uniforme del diritto europeo in tutti gli stati membri.

Con ciò concludendo, si intuisce il peso influente che questa sentenza ha ed avrà nei giorni a venire a tutela di tutti gli ultradecennali insegnanti e collaboratori della scuola statale italiana per i quali, pertanto, si attende una decisione “iniziatica” rivoluzionaria da parte dei giudici nazionali aditi, soprattutto in termini risarcitori.

 

A cura di dott.ssa CDL Gianna Elena De Filippis

 

 

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