Videoriprese nel luogo di lavoro utilizzabili per accertare gli illeciti
Le videoriprese dirette del lavoratore nel luogo di lavoro sono lecite e sono utilizzabili nel processo penale al fine di accertare gli illeciti. Limiti e condizioni. Corte di Cassazione penale Sentenza n. 4367/2018

1. La massima
Sono utilizzabili nel processo penale i risultati delle videoriprese effettuate con telecamere installate all'interno dei luoghi di lavoro ad opera del datore di lavoro per esercitare un controllo a beneficio del patrimonio aziendale messo a rischio da possibili comportamenti infedeli dei lavoratori, in quanto le norme dello Statuto dei lavoratori non vietano i controlli difensivi del patrimonio aziendale e non giustificano pertanto l'esistenza di un divieto probatorio.
2. Premessa normativa
L’art. 23 D. Lgs. 151/2015 e l'art. 5, co. 2, D. Lgs. 185/2016 hanno modificato l’art. 4 L. 300/1970 per fornire al sistema normativo l'opportuna coerenza con le innovazioni tecnologiche. Lo scopo della norma rimane quello di contemperare l’esigenza del datore di lavoro di organizzare lavoro e produzione e la tutelare della dignità e della riservatezza dei lavoratori.
In particolare, l'art. 4 rubricato "Impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo" così recita:
«1. Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo, gli impianti e gli strumenti di cui al primo periodo possono essere installati previa autorizzazione delle sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali, della sede centrale dell'Ispettorato nazionale del lavoro. I provvedimenti di cui al terzo periodo sono definitivi.
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.
3. Le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d'uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196».
2. Fatto e decisum
Dichiarata responsabile del reato di appropriazione indebita1 commesso nel posto di lavoro, l'imputata proponeva ricorso per Cassazione deducendo, tra l'altro, l'inutilizzabilità delle immagini captate con il sistema di video-sorveglianza.
La Suprema Corte, in linea con un condiviso e consolidato filone interpretativo2, ha potuto ribadire recentemente l'utilizzabilità dei risultati delle videoriprese effettuate con la telecamera installata all'interno del luogo di lavoro, confermando che «sono utilizzabili nel processo penale, ancorché imputato sia il lavoratore subordinato, i risultati delle videoriprese effettuate con telecamere installate all'interno dei luoghi di lavoro ad opera del datore di lavoro per esercitare un controllo a beneficio del patrimonio aziendale messo a rischio da possibili comportamenti infedeli dei lavoratori, in quanto le norme dello Statuto dei lavoratori poste a presidio della loro riservatezza non fanno divieto dei cosiddetti controlli difensivi del patrimonio aziendale e non giustificano pertanto l'esistenza di un divieto probatorio».
Di nessun pregio, poi, l'argomento per cui la legittimità delle registrazioni risulti inficiata perché eseguite in maniera non consequenziale, non progressivamente, ma solo a giorni ed orari scelti dai titolari, posto che quello che rileva è che quanto ripreso ha pienamente confermato quanto rappresentato dalle altre fonti di prova.
3. Le indicazioni operative dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro sull’installazione e utilizzazione di impianti audiovisivi e di altri strumenti di controllo ai sensi dell’art. 4 della legge n. 300/1970. Ispettorato Nazionale del lavoro, la Circolare 19/02/2018, n. 5
Per quanto qui occorre, la Circolare dell'INL precisa che la ripresa dei lavoratori3, che resta una eventualità, dovrebbe comunque avvenire incidentalmente ed occasionalmente. Tuttavia, sussistendo ragioni giustificatrici del controllo come la tutela della “sicurezza del lavoro” o del “patrimonio aziendale”, non è vietata la ripresa diretta e nel caso non possono essere introdotte condizioni limitative della stessa, quali “l’angolo di ripresa” della telecamera oppure “l’oscuramento del volto del lavoratore”.
Nei casi di tutela del patrimonio aziendale, quando l'installazione riguardi dispositivi operanti in presenza del personale aziendale, i principi di legittimità e determinatezza del fine perseguito, nonché della sua proporzionalità, correttezza e non eccedenza, impongono una gradualità nell’ampiezza e tipologia del monitoraggio che rende assolutamente residuali i controlli più invasivi, legittimandoli solo a fronte della rilevazione di specifiche anomalie e comunque all’esito dell’esperimento di misure preventive meno limitative dei diritti dei lavoratori. Tra gli elementi che devono essere tenuti presenti nella comparazione dei contrapposti interessi, non possono non rientrare anche quelli relativi all’intrinseco valore e all'agevole asportabilità dei beni costituendi il patrimonio aziendale.
In ogni caso sono da escludere dal perimetro ripreso le zone esterne estranee alle pertinenze della ditta nelle quali non è prestata attività lavorativa.
Dott. Andrea Diamante
Cultore della materia in diritto processuale penale
presso l’Università degli Studi di Enna “Kore”
______________
1 Corte di appello di Torino, sentenza del 15/03/2017, in riforma della sentenza del 28/12/2011 del Tribunale di Verbania con riferimento alla sanzione.
2Sez. V, n. 11419 del 17/11/2015; Sez. II, n. 2890 del 16/01/2015; Sez. V, n. 34842 del 12/07/2011.
3 Con precipuo riferimento all'uso delle telecamere, l’accesso alle immagini registrate, sia da remoto (l’accesso da postazione remota alle immagini “in tempo reale” deve essere autorizzato solo in casi eccezionali debitamente motivati) che “in loco”, deve essere necessariamente tracciato con funzionalità che consentano la conservazione dei “log di accesso” per un congruo periodo comunque non inferiore a sei mesi, venendo meno pertanto l’utilizzo del sistema della “doppia chiave fisica o logica”.
---------------------------------------
Di seguito il testo di
Corte di Cassazione penale Sentenza n. 4367 del 30/01/2018
Con sentenza del 28/12/2011, il Tribunale di Verbania dichiarò P. I. responsabile del reato di appropriazione indebita e -con le attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti - la condannò alla pena di mesi 6 di reclusione.
Se sei registrato esegui la procedura di Login, altrimenti procedi subito alla Registrazione. Non costa nulla!