Negatoria servitutis verso il comproprietario per utilizzo maggiore della cosa comune?
E’ possibile esperire l’actio negatoria nei confronti del comproprietario che faccia un uso più intenso della cosa comune? Cassazione Ordinanza n. 15717/2021

Un’area oggetto di comproprietà tra più soggetti può essere utilizzata indiscriminatamente da ciascuno di essi? Se non è possibile, quali sono i criteri cui attenersi?
La Corte di Cassazione Sez. VI, con ordinanza n.15717 pubblicata in data 04.06.2021, ha di recente ribadito un principio che stabilisce i limiti dell’uso del bene comune da parte dei comproprietari.
Nel caso di specie, si trattava di un’area donata dal padre ai due figli in quote eguali e convenzionalmente adibita al parcheggio e non al transito delle autovetture.
Uno dei comproprietari lamentava il transito con automezzi dell’altro per accedere a terreni di proprietà esclusiva.
Si rivolgeva, pertanto, al tribunale competente spiegando una actio negatoria ex art.949 C.C. al fine di far cessare le turbative e le molestie derivanti da siffatto transito di automezzi.
L’altro comproprietario si costituiva in giudizio ed eccepiva la infondatezza dell’actio negatoria per essere esso stesso comproprietario dell'area in oggetto.
Il tribunale di Massa rigettava la domanda assumendo sia che l'actio negatoria servitutis non poteva essere spiegata da un comproprietario, sia che l'attore non aveva, in ogni caso, allegato i fatti costitutivi della domanda.
La Corte d'appello di Genova rigettava anche il gravame proposto dal comproprietario affermando che nell'atto pubblico di donazione non risultava in alcun modo che l'area oggetto di giudizio fosse interdetta al passaggio veicolare e che, in applicazione dell'art.1102 C.C., non sussisteva un uso anomalo della res, fondando il relativo giudizio sui dati istruttori raccolti, atti a testimoniare, tra l'altro, che il passaggio veicolare denunciato avveniva, almeno parzialmente, su altro terreno di proprietà esclusiva.
Il comproprietario, dopo essere rimasto soccombente nei primi due gradi di giudizio, ha proposto ricorso per Cassazione eccependo la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 949 C.C., 1108 C.C., 2697 C.C. e 115 c.p.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c..
Secondo il ricorrente la Corte di Appello ha erroneamente tratto dalla mancata espressa previsione contrattuale di un divieto di passaggio veicolare la conclusione che fosse stata implicitamente concessa tale facoltà al comproprietario, quando, di contro, avrebbe dovuto essere quest'ultimo a dimostrare l'acquisto - originario o derivativo - di una servitù di transito veicolare, atta a legittimare l'esercizio di siffatta facoltà; inoltre, secondo il ricorrente, il giudice di secondo grado non aveva ravvisato un uso anomalo della res in comunione ex art. 1102 C.C. per la maggiore utilità dell’uso del bene, non più adibito semplicemente a parcheggio - come convenzionalmente pattuito -, bensì a transito veicolare.
La Corte di Cassazione ha affermato che, in materia di uso della cosa comune ex art. 1102 C.C., è stato ampiamente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, che ciascun comproprietario ha diritto di trarre dal bene comune una utilità maggiore e più intensa di quella che ne viene tratta dagli altri comproprietari, purché non venga alterata la destinazione del bene o compromesso il diritto al pari uso da parte di quest'ultimi.
In particolare, per stabilire se l'uso più intenso da parte del singolo sia da ritenere consentito ai sensi dell'art. 1102 C.C., non deve aversi riguardo all'uso concreto fatto della cosa dagli altri condomini in un determinato momento, ma a quello potenziale in relazione ai diritti di ciascuno.
Del resto, la nozione di pari uso della cosa comune, agli effetti dell'art. 1102 C.C., non va intesa nei termini di assoluta identità dell'utilizzazione del bene da parte di ciascun comproprietario, in quanto l'identità nel tempo e nello spazio di tale uso comporterebbe un sostanziale divieto per ogni partecipante di servirsi del bene a proprio esclusivo o particolare vantaggio, pure laddove non risulti alterato il rapporto di equilibrio tra i condomini nel godimento dell'oggetto della comunione (Cassazione civile sez. II, 14/04/2015, n.7466; Cass. civ., n. 10453 del 2001).
Seguendo tali principi, la Corte d'appello di Genova ha considerato legittimo l'uso della corte comune per il transito dei veicoli in quanto non escluso, né idoneo a pregiudicare l'utilizzo da parte del comproprietario; del tutto apodittica è rimasta l'affermazione relativa alla destinazione di tale cortile ad area di parcheggio, non avendo il ricorrente prodotto il titolo convenzionale dal quale risulterebbe che sull'area in questione fosse consentito unicamente il parcheggio e non il transito, in violazione dell'art.366, comma 1, n.6 c.p.c..
L’unico motivo del ricorso è stato dichiarato inammissibile ai sensi dell'art.360 bis, n.1. c. p.c., con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Ne consegue che nel caso di bene in comproprietà, i criteri da adottare per verificare se alcuno dei titolari del diritto di proprietà ecceda nell’uso della cosa comune sono quelli stabiliti dall’art.1102 C.C..
Avv. Alessandro Moscatelli
del Foro di Trani
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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione Sez. VI, Ordinanza n.15717 dep. 04/06/2021
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