La differenza tra azione di restituzione e azione di revindica
Sulla distinzione fra azione di restituzione di un immobile concesso in godimento personale e quella di revindica dove si contesta la proprietà. Cassazione Sentenza n. 16742/2021

La Suprema Corte ha fissato ancora una volta, in maniera chiara ed inequivocabile, i paletti per distinguere l’azione di restituzione di un immobile detenuto da terzi in forza di un contratto personale di godimento da quella di revindica ad instaurarsi nei confronti di chi possieda l’immobile contestando il titolo di proprietà.
Nella fattispecie, il proprietario di un fabbricato di due piani, nel 2008, aveva concesso in comodato alla figlia il piano terra per sopperire alle esigenze abitative conseguenti all’intervenuto matrimonio ed alla creazione del nuovo nucleo familiare, costituito dal di lei marito e dai due figli.
Il proprietario si era riservato il primo piano e, in considerazione del rapporto parentale, non aveva effettuato la registrazione del contratto di comodato.
Nel 2011 i comodatari dell’appartamento al piano terra si impossessavano dell’intero stabile cambiando la serratura di accesso ed impedendo al proprietario di potervi entrare.
Quest’ultimo dapprima aveva inviato una diffida formale nel novembre del 2011 poi, non sortendo esito alcuno, era stato costretto ad agire in giudizio nei confronti della figlia e del genero per chiedere che fosse accertata la risoluzione del contratto di comodato e disposto il rilascio dell’immobile.
Gli occupanti dell’immobile si costituivano in giudizio opponendosi alla domanda di rilascio ed asserendo, in riconvenzionale, che erano nel legittimo possesso dell’intero fabbricato e delle relative pertinenze sin dal 1994 ovvero, al più tardi, fin dal 2000.
Il Tribunale di Roma accoglieva la domanda principale disponendo la risoluzione del contratto di comodato ed il rilascio dell’immobile e rigettava la domanda riconvenzionale spiegata dai resistenti.
Gli occupanti dell’immobile impugnavano la sentenza di primo grado dinanzi alla Corte di Appello di Roma che accoglieva l’appello rigettando le domande formulate dal proprietario, pur dichiarando inammissibile la domanda di usucapione formulata solo nel gravame da parte degli appellanti, ed ordinava la restituzione a questi ultimi dell’immobile.
Il giudice di secondo grado accoglieva i due motivi principali sostenuti dagli appellanti.
Il primo concerneva la nullità del contratto di comodato in quanto tardivamente registrato, ai sensi dell’art.1 comma 346 della legge n.311 del 2004. La risoluzione del contratto sarebbe intervenuta in data 31.12.2011, data per la quale sarebbe stato intimato il rilascio con la missiva inviata nel novembre 2011, mentre la registrazione sarebbe stata effettuata in data 11.01.2018.
Il secondo riguardava la diversa qualificazione dell’azione intrapresa dal proprietario che, puntando alla restituzione dell’intero immobile e sussistendo contestazione in merito alla proprietà da parte degli occupanti, non era da qualificarsi come restitutoria in virtù di un diritto personale di godimento bensì come revindica con l’onere da parte del titolare di dimostrare il titolo di proprietà.
Il proprietario ha impugnato in Cassazione la sentenza della Corte di Appello di Roma.
La Corte Suprema, con sentenza della Sez. III Civile n.16742 del 14.06.2021, accogliendo il ricorso, ha inquadrato i termini della questione definendo la causa in favore del proprietario.
L'azione proposta con riferimento al bene concesso in comodato va qualificata come azione personale di restituzione, destinata ad ottenere l'adempimento dell'obbligazione di ritrasferire un bene in precedenza volontariamente trasmesso dall'attore al convenuto, in forza di negozi giuridici (tra i quali, appunto, il comodato, la locazione ed il deposito) che non presuppongono necessariamente nel tradens la qualità di proprietario; da essa si distingue l'azione di rivendicazione, con la quale il proprietario chiede la condanna al rilascio alla consegna nei confronti dì chi dispone di fatto del bene nell'assenza anche originaria dì ogni titolo, per il cui accoglimento è necessaria la probatio diabolica della titolarità del diritto di chi agisce (v. ex multis, Cass., ord., 10/10/2018, n. 25052).
Neppure può condividersi l'affermazione della Corte territoriale, specificamente censurata da, ricorrente, in ordine alla nullità del contratto di comodato in questione per difetto di registrazione, ai sensi dell'art. 1, comma 346 della legge n. 311 del 2004, e di impossibilità della sua sanatoria a seguito di registrazione tardiva, in quanto intervenuta dopo la risoluzione del contratto di comodato stesso.
La Cassazione ha riaffermato la consolidata giurisprudenza di legittimità sull’effetto sanante della registrazione tardiva del contratto di costituzione e sulla efficacia retroattiva (v., in tema di locazione sia ad uso abitativo che ad uso diverso, Cass., sez. un., 9/10/2017, n. 23601 e, in tema di locazione non abitativa, Cass., sez. un., 17/09/2015, n. 18213 e successive conformi), atteso che il riconoscimento di una sanatoria "per adempimento" è coerente con l'introduzione nell'ordinamento di una nullità (funzionale) "per inadempimento" all'obbligo di registrazione.
Il caso in esame offre due spunti per il proprietario che voglia agire, senza problemi, per ottenere la restituzione di un immobile occupato da terzo in virtù di un contratto personale di godimento (locazione, comodato, deposito, etc.): il primo è quello di produrre in ogni caso la documentazione attestante il titolo di proprietà ed il secondo è quello di depositare il contratto attestante il rapporto personale di godimento che sia registrato seppur tardivamente.
Avv. Alessandro Moscatelli
del Foro di Trani
---------------------------------------
Di seguito il testo di
Corte di Cassazione Civile Sez. III, Sentenza n. 16742 dep. 14/06/2021
FATTI DI CAUSA
Se sei registrato esegui la procedura di Login, altrimenti procedi subito alla Registrazione. Non costa nulla!